Saturday 26 September 2020

Roberto Fineschi - Il denaro nel Capitale


Il denaro nel Capitale

Roberto Fineschi



Trascrizione leggermente rivista dell’intervento tenutosi il giorno 11 gennaio 2018 all’interno del 4° ciclo (2017-2018) - L’anima nell'era della tecnica. Denaro. Natura, storia, religione? Ciclo di incontri su autori e temi della filosofia contemporanea organizzati dal Liceo Da Vinci di Casalecchio, dal Liceo Marco Minghetti di Bologna, con il sostegno e la collaborazione della Casa della Conoscenza e dal Comune di Casalecchio. Video. Sbobinatura e trascrizione di Rosalba Scinardo Ratto.

Prima di tutto vorrei spendere due parole su Karl Marx, che voi sicuramente conoscerete, perché so che i vostri docenti vi hanno preparato per queste lezioni e anche perché fino a qualche anno fa era un autore molto popolare. Non c’era bisogno che i docenti lo introducessero, perché era conosciuto di per sé, perché al di là della sua teoria economica e sociale era un autore che aveva un forte impatto politico e, come saprete certamente, era addirittura l’autore di riferimento dell’ideologia di una parte del mondo, dell’Unione Sovietica, dei cosiddetti paesi oltrecortina, la cui visione politica e istituzionale si rifaceva a quest’autore.

Il venir meno di questa esperienza storico-politica, con la caduta del muro di Berlino e con la fine dell’Unione Sovietica ha reso meno popolare automaticamente anche l’autore a cui questi paesi si riferivano e quindi è un po’ sparito. Per un certo periodo è addirittura più che sparito, c’è stata una damnatio memoriae, non se ne poteva parlare perché il crollo del socialismo reale appariva come l'evidenza che aveva sbagliato tutto: se il socialismo reale era la verifica della bontà delle sue teorie, il crollo del Socialismo reale automaticamente sembrava la verifica del contrario.

Adesso, a distanza di un po’ di anni, è rinato l’interesse verso quest’autore perché finalmente si è presa la giusta direzione, cioè si è iniziato a distinguere tra quello che Marx ha detto, scritto e teorizzato da una parte e dall’altra le esperienze politiche, non solo del Socialismo reale ma anche in altri paesi, che a lui si sono ispirate. Senza dire che le due cose sono identiche, ma distinguendo i piani si può ancora vedere che cosa ha da dire Marx all’oggi per la comprensione del mondo reale, al di là delle esperienze storiche del passato. In questo senso, anche solo semplicemente ascoltando le notizie al telegiornale, avrete risentito parlare di Marx in relazione alla crisi finanziaria e anche industriale, che negli ultimi anni purtroppo hanno attanagliato gran parte del mondo. Perché hanno ripescato Marx per parlare di questa cosa? E lo hanno fatto anche figure che non sono particolarmente vicine a questo autore. Perché nonostante tutto, la teoria di Marx fornisce delle spiegazioni alle tendenze di fondo dello sviluppo del modo di produzione capitalistico, che ci permettono di capire più di altre teorie mainstream, in particolare per esempio proprio nella spiegazione della crisi. Secondo la teoria di Marx, la crisi è normale che ci sia, se studiate la sua teoria si vede che lo sviluppo economico ciclicamente incorre in delle crisi, sia finanziarie che produttive e in questo senso l’esperienza pratica conferma la teoria. Mentre le teorie più ortodosse e mainstream non conoscono crisi cicliche, ma solo crisi di mancato equilibrio frizionale, che poi in qualche modo si riappiana. 

Altre cose che la teoria di Marx ha delle categorie per spiegare: il conflitto sociale. Secondo la teoria di Marx è normalissimo che ci siano classi nella società contemporanea funzionalmente in conflitto, cioè che hanno interessi di gruppo per la funzione che hanno nell’organizzazione dell’economia che le porta a confliggere, ad avere interessi non solo diversi ma contrastanti. Quindi, se studiate la società e vedete che di fatto ci sono dei conflitti, Marx ve ne spiega il perché. Anche qui, molte teorie mainstream parlano invece di giusta retribuzione dei fattori produttivi, cioè cercano di spuntare le motivazioni che i soggetti in conflitto propongono invece come ragione del loro conflitto. In questo senso Marx è più realistico, perché gli altri ti dicono che è un errore essere in conflitto, in una situazione di fatto che è conflittuale, mentre Marx spiega perché il conflitto esiste. Altre cose che questa teoria ha previsto nel lungo periodo: la cosiddetta mondializzazione, il processo di integrazione produttivo del mondo intero, la dislocazione in tutte le parti del mondo dei processi produttivi, la loro interazione mercantile a livello mondiale. Marx alla fine del 1850 addirittura prevedeva che questa sarebbe stata la tendenza di lungo corso del modo di produzione capitalistico. Altra cosa: l’aumento della produttività del lavoro, Marx previde che questo sarebbe successo e così è stato. La finanziarizzazione dell’economia. L’ultima parte del Capitale è dedicata a credito e capitale fittizio e anche in questo caso effettivamente lo sviluppo di lungo periodo del modo di produzione capitalistico è andato effettivamente in quella direzione.

Quindi se consideriamo le previsioni di lungo periodo che la teoria di Marx prevedeva 150 anni fa, ci ha azzeccato. Onore al merito. Ha individuato tendenze di lungo periodo di molti decenni successive Dove non ci ha azzeccato proprio per niente invece è nelle previsioni politiche e questo è un nodo problematico in cui magari ritornerò alla fine, se abbiamo tempo. Comunque questa premessa era per dire che l'interesse per la teoria di Marx non è, come dire, solamente un interesse erudito, non è solo storiografico, ma è l'interesse per una teoria che, se considerata in queste sue linee generali, ha molto da dire per l'oggi, da un punto di vista della previsione delle tendenze di lungo periodo; quindi anche il mio interesse verso lo studio di Marx è sempre stato doppio, da una parte nell'indagine del pensiero dell'autore per quello che è, ma nell'altra anche con un occhio rivolto a come questo autore ancora abbia da dire nell'interpretazione della società contemporanea. 


Vengo al capitale e al denaro. L'opera più celebre e importante di Marx si intitola Il capitale. Critica dell'economia politica come sottotitolo. La gestazione di questo libro è stata assai complessa ed è durata molto più di 9 mesi e alla fine ha generato un aborto, nel senso che non l'ha finito. Ha iniziato a lavorarci concretamente nel 1857 e quando è morto nel 1883 il testo era incompiuto. Ha pubblicato in vita più volte il primo libro, due volte in tedesco, una volta in francese, ma per il secondo e il terzo libro ha lasciato una serie articolata di manoscritti preparatori, che non ha concluso. Sono stati pubblicati dal suo amico Engels, dopo la morte di Marx. L'ambizione di Marx, scrivendo questo libro, era molto grande, perché non voleva semplicemente scrivere un libro di economia; quello che Marx cerca di scrivere è una teoria generale della società basata sul modo di produzione capitalistico e la divisione tra economico, politico, ideologico, che tendiamo oggi a fare, non è nelle sue corde; il tentativo che fa è quello di pensare la complessità della teoria del modo di produzione capitalistico tutta insieme, cercando di mostrare come queste varie articolazioni del discorso si generino da un principio fondativo fondamentale sostanzialmente. In questo senso il denaro è un esempio perfetto.

La prima formulazione della teoria del denaro è nella prima sezione che si intitola Merce e denaro per l'appunto e parla della circolazione delle merci. Che cos'è il denaro? Alla fine per capire veramente che cos'è il denaro per Marx, bisognerebbe leggere tutti e tre i libri del Capitale, perché il denaro è una categoria complessa, che si sviluppa attraverso i vari libri e le varie fasi, ma fondamentalmente il denaro per Marx è un rapporto sociale, che si cristallizza in una cosa, questo è l’aspetto veramente straordinaria del denaro nella circolazione delle merci. La cosa denaro che come tale ha potere; questo è un qualcosa che è evidente a tutti, perché ciascuno di noi nella società mercantile in cui viviamo può fare in base ai soldi che ha, in linea di massima: se non avete soldi non potete fare molto, se avete molti soldi potete fare molto di più, chiaramente non vale universalmente, ma vale in molte situazioni e quindi l'oggetto denaro incarna nella sua cosalità un potere sociale. Questo potere viene dalla cosa denaro come tale oppure no? Marx dice: no. Questo è il cosiddetto feticismo della merce, vale a dire: credere che gli oggetti e il denaro in particolare abbiano di per sé un valore e un potere sociale è il risultato di una serie di relazioni sociali che alla fine producono questa apparenza. Qual è la spiegazione di questo processo? Secondo Marx questo è il risultato inevitabile di una società di scambianti. Marx cerca qui di formulare le categorie fondamentali del mercato, di quali siano gli effetti dello scambio di merci sugli esseri umani e sulla dinamica sociale. Per far questo diciamo che fa una teoria astratta, che prende le mosse dal fatto che gli uomini si distinguono dagli altri animali perché lavorano, questo lavorare fa sì che il risultato della loro attività si cristallizzi in un prodotto a loro esterno. Questa è la prima condizione della scambiabilità, cioè che ci sia un risultato estraneo alla corporeità dell'individuo che può passare di mano; però questo non è sufficiente per avere scambio, perché Marx dice che il prodotto e la merce non sono la stessa cosa. La merce è un prodotto realizzato intenzionalmente per essere scambiato, cioè non per il consumo personale di chi lo ha fatto, ma per il mercato.

Comprendo la difficoltà nel cogliere questi aspetti, perché nella nostra società il fatto che i prodotti siano merci è la cosa più normale del mondo. Per noi tutto è merce, i vestiti che io addosso, il microfono che ho in mano, il cellulare che ho, questo sedia, questo tavolo, tutto quanto è prodotto come merce. Questa condizione universale della produzione per noi è normalissima, il nostro luogo ideale è il centro commerciale o il supermercato, a questo punto anche i centri commerciali e telematici su Amazon per esempio, per noi è normalissimo che tutto sia merce. Ma Marx dice che questa non è una condizione naturale, bensì che la forma-merce del prodotto è una forma storicamente determinata; esistono sostanzialmente diverse fasi, diverse modalità storiche attraverso le quali gli individui producono, socializzano ed esse si differenziano per caratteristiche specifiche. L'universalizzazione della forma merce è ciò che è tipico del modo di produzione capitalistico. Marx introduce dunque il concetto di storicità del modo di produzione. Non esiste l'economia in generale, ma esistono periodo storici in cui il fatto generale che gli uomini dovranno riprodursi e consumare i loro prodotti viene declinato differentemente in diversi periodi. 

Per capire il denaro dobbiamo capire che questo concetto, come forma universale della ricchezza, è tipicamente capitalistico, si sviluppa alla massima potenza con il modo di produzione capitalistico. Perché è necessario questo denaro? Perché nella società mercantile gli individui che producono sono dei privati, il loro prodotto è un prodotto privato, ma la cosa straordinaria è che loro il proprio prodotto non se lo consumano, perché se io sono un calzolaio nella mia vita non indosserò solo scarpe, ma ad un certo punto avrò fame, ma per avere il cibo o sono di bocca buona e mi mangio le scarpe, oppure dovrò vendere le mie scarpe e comprare con quel qualcosa qualcos'altro. È la divisione del lavoro con l'aggiunta che l'attività viene realizzata da individui privati e indipendenti, liberi e uguali; questi individui liberi e uguali, che hanno il loro prodotto da scambiare devono far sì che la socializzazione di quello che loro fanno come privati passi attraverso un medium. Io per soddisfare i miei bisogni devo passare attraverso la produzione di un altro e vendere quello che ho io, quindi il mio prodotto non è utile per me, è utile per qualcun altro; i prodotti degli altri non sono utili per loro, ma sono utili per altri, quindi il punto è vedere come si genera il meccanismo che permette la socializzazione del privato. Il privato non è immediatamente sociale, diventa sociale solo attraverso una mediazione, e questa mediazione è lo scambio e lo scambio, nella complessa articolazione del discorso di Marx, alla fine sarà possibile solo attraverso il denaro, che funge da incarnazione universale del lavoro umano in astratto, cioè finisce per rappresentare quello che tutti i prodotti privati hanno in comune: l'essere prodotto del lavoro. Rappresentandolo in astratto, cioè nella sua neutrale fisicità di denaro, esso è scambiabile con tutti. Quindi il denaro ha questo potere diciamo di incarnazione dell'universalità del valore solo in quanto esiste scambio di merci, solo in quanto esiste una società di individui privati scambianti, che socializzano la loro produzione privata attraverso di esso, come se ci fosse l'uomo come tale di fronte agli uomini; il denaro rappresenta, nella sua fisicità individuale, nella sua particolarità, l'universale, la qualità di essere lavoro umano in astratto come tale, e questo conferisce a lui in quanto oggetto fisico questo straordinario potere sociale di essere l'universale scambiabilità e di potere comprare tutto. Secondo Marx il feticismo è questo: credere che quell'oggetto abbia quel potere in quanto oggetto fisico, in quanto denaro ha questo valore, a prescindere dal rapporto sociale che gli sta dietro. Il mio professore, facendo un esempio non particolarmente elegante, mi diceva che per capire il fatto che il denaro non è naturalmente questa cosa, mi chiedeva che cosa avrei fatto io da solo su un'isola deserta con una banconota da 100 mila lire, nulla! Perché quella banconota da 100 mila lire funziona solo se può comprare merci, ma nell'isola deserta ci sono io e basta, non ci sono altri individui produttori privati, non c'è il mercato, non ci sono le altre merci e quindi capite, di per sé quell'oggetto non vale niente, vale solo in quanto si inserisce in questo rapporto sociale di individui scambianti. Quindi il denaro in questo senso non è solo una categoria economica, ma è una funzione, una determinazione sociale che dà potere sociale e politico a chi ce l'ha in tasca. 


Un altro aspetto di questa dinamica è che, come dire, questa struttura produce sovrastrutture, si sarebbe detto una volta nel linguaggio marxologico: gli individui scambianti, perché possa funzionare lo scambio, devono essere che cosa? Devono riconoscersi reciprocamente come uguali, hanno lo stesso diritto, hanno la stessa autorevolezza giuridica, non è come lo schiavo che produce una cosa e il padrone se la prende, perché lo schiavo è già suo e la cosa quindi è già sua. Non è come la corvée medievale, dove la prestazione d'opera nel campo del signore produce oggetti già suoi, perché realizzati nel suo campo; qui io sono uguale all'altro e io sono libero come l'altro, nessuno mi obbliga a vendere la mia merce, nessuno mi obbliga a comprare quella, io posso comprare quello che voglio, se ho i soldi chiaramente; io non ho limiti alla mia libertà nel comprare cose e l'uguaglianza consiste nel fatto che l'altro come me fa la stessa cosa, ha lo stesso diritto sul suo bene, come io ho il diritto sul mio bene e lo scambio è un contratto. Anche quando compriamo un oggetto e ci danno lo scontrino quella è l'apparenza del contratto che c'è tra di noi di compravendita, perché tutti e due siamo titolari dello stesso diritto ed ecco quindi le categorie fondamentali dell'ideologia borghese. Secondo Marx la libertà e l'uguaglianza degli individui apparentemente sostanziali sono l'altra faccia della medaglia della società mercantile. Marx sta chiaramente pensando a Locke: nei primi capitoli del secondo libro del trattato di Locke sul governo gli individui vengono presentati come sostanziali, come i protagonisti di questa dinamica; quello che Marx dice è che questa è una parvenza, perché loro sono individui in quanto esiste la società mercantile, in quanto scambiano. Nessuno è sostanziale di suo, cioè nessuno sarebbe in grado di soddisfare i propri bisogni senza passare attraverso il processo di scambio; come dire: la soddisfazione del mio bisogno passa attraverso un terzo, un'altra persona, e quindi siamo tutti concatenati. Il processo mercantile fa sì che la mia autoriproduzione sia concatenata a quella di altri, perché io se faccio le scarpe, faccio solo le scarpe, se io faccio il professore, faccio solo il professore, se voglio mangiare vado alla Coop a fare la spesa e questo implica che io senza la Coop muoio, non esisto come individuo, non esisto né fisicamente né concettualmente, come quella cosa che sono quando vado alla Coop come individuo libero e uguale a comprare le mele. Quindi questa "critica economica" del denaro qui si vede proprio come sia per Marx una critica sociale, ideologica, teorica, tutte queste cose stanno insieme. 

Questa parte, che sostanzialmente è il primo capitolo del primo libro del Capitale, è una delle più complesse e più rimaneggiate da Marx nella sua lunga carriera di grafomane. La scrive per la prima volta nel 1857, la riscrive nel 1859, la riscrive nel 1863, la riscrive nel 1867, la riscrive nel 1872, ci ritorna mille volte sopra, diciamo che è la parte del Capitale su cui più rimette le mani, ma perché? Perché è chiaramente un punto complesso e fondamentale: il denaro è il grande Dio della nostra società e spiegare che cos'è è chiaramente il punto chiave. Queste categorie "merce" e "denaro" non sono solo capitalistiche ovviamente, sappiamo che anche nelle società antiche esistevano però in misura ridotta. Quello che secondo Marx è veramente tipico del modo di produzione capitalistico è che il concetto di merce, i concetti di merce-denaro diventano la forma universale del prodotto, non più marginale, non più di nicchia, ma forma dominante. Quando abbiamo il modo di produzione capitalistico che cosa abbiamo in più? Abbiamo una cosa straordinaria, abbiamo che il denaro da quello che era prima, misura del valore, mezzo di circolazione e mezzo di credito, diventa che cosa? Diventa fine stesso del processo produttivo. Quindi diciamo da Dio fattuale del mercato diventa anche il motore immobile verso cui tutte le produzioni tendono. Che cosa significa? Nel modo di produzione capitalistico il denaro diventa un qualcosa in più, diventa il fine della produzione stessa. Nella società mercantile abbiamo produzione di merci, passaggio attraverso il mercato, quindi io vendo la mia merce, ho del denaro e con questo denaro vado a comprarmi quello che voglio io. Il ciclo celeberrimo è "M" merce - "D" denaro - "M" merce: lo scopo finale di questo processo è l'appropriazione di una merce da parte mia e io me la consumo. Invece nel capitale abbiamo il capovolgimento di questo processo e si passa da M-D-M a D-M-D’, cioè abbiamo un investimento iniziale di denaro con l'obiettivo esplicito alla fine di averne di più di questo denaro, cioè il fine del processo non è più il consumo. Il consumo è il passaggio che mi permette alla fine di avere più denaro di prima. Questo processo si chiamerà poi accumulazione, ma accumulazione di cosa? Accumulazione della ricchezza sociale in questa sua forma astratta, in questa sua forma universale. Diciamo la generazione di denaro fine a se stessa. Ci sono capitoli e capitoli del Capitale per ripercorrere questo in tutte le sue fasi, ma i due punti fondamentali sono: primo è che per far questo il capitale incorpora il processo lavorativo, cioè il primo passaggio del ciclo D-M-D. Il capitalista non acquista una merce qualsiasi, ma acquista gli elementi del processo produttivo, cioè mezzi di produzione e forza lavoro; questo non è un acquisto casuale, perché il processo lavorativo non è un'attività accessoria che gli esseri umani possono fare dopo essere andati su Facebook o aver guardato la Domenica Sportiva. Se non si produce, si muore; se non si produce non c'è più il telefonino, non c'è più il televisore, non c'è più il cibo, cioè produrre e riprodurre è la condizione di esistenza dell'umanità. Quindi, il capitalista, comprando gli elementi del processo produttivo, compra la vita, compra l'esistenza stessa dell'umanità: la riproduzione stessa dell'umanità avviene come momento del capitale, come momento del processo di valorizzazione del capitale. Questo ha delle conseguenze straordinarie, perché? Perché implica che, dato che l'accumulazione di denaro è l'obiettivo finale di tutto il processo, se la produzione non garantisce una valorizzazione, cioè non garantisce un'accumulazione di denaro, non si produce, capite? Lo scopo finale non è produrre cose necessarie per i bisogni, questa è una condizione strumentale. Si produrranno cose necessarie per i bisogni solo se questo garantisce la valorizzazione del capitale, altrimenti no, quindi non importa se molte persone hanno molta fame, se la produzione del cibo per queste persone non garantisce la valorizzazione del capitale, non si produce, queste persone moriranno di fame, anche se esistono le risorse per farlo. È un meccanismo, Marx insiste molto su questo, non ci sono i buoni e cattivi, sì, ci sono persone anche particolarmente poco buone e molto cattive, però non lo sono in quanto sono loro moralmente abiette, sono anche moralmente abiette, ma non lo fanno per quello, lo fanno perché così funziona la macchinetta. Se non si può valorizzare non si produce. Adesso, per esempio, non siamo in una situazione di povertà, di capitali a disposizione ce ne sono in quantità fenomenale, nascosti offshore in 1000 posti, non è che mancano. Il problema è che le condizioni di saturazione del mercato non garantiscono un investimento produttivo che riesca a valorizzare il capitale e quindi non si produce. 

Perché è straordinario lo Stato sociale? Perché lo Stato sociale è la garanzia che si produrranno cose, si forniranno servizi anche in perdita, perché, fino a quando durerà, ancora pensiamo che salvare delle vite umane in un ospedale è un valore di per sé e bisogna trovare il modo di farlo al di là dei meccanismi del modo di produzione capitalistico; perché pensiamo che educare, non solo i giovani, ma anche gli adulti, sia un valore di per sé, quindi un diritto dei cittadini e lo faremo anche se è un’attività in perdita, non importa. Tutti i discorsi sul fatto che bisogna tagliare i servizi sociali perché non sono produttivi sono delle sciocchezze clamorose, perché essi nascono per non essere produttivi, non sono concepiti per essere produttivi, sono concepiti per garantire i diritti ai cittadini e per garantirli si forzano anche i meccanismi del modo di produzione capitalistico in modo da fornire le risorse necessarie, anche se sono in perdita. Invece il modo di produzione capitalistico puro non funziona così: fornirà questi servizi e garantirà questi prodotti solo se potete pagare e qui potete tranquillamente guardare oltreoceano negli Stati Uniti, dove un terzo della popolazione, in uno dei paesi più ricchi del mondo, vive in condizioni di povertà e ha minimo accesso ai servizi sanitari, perché non se li può pagare e semplicemente se non paghi muori, peggio per te! Il modo di produzione capitalistico è quella fase storica in cui la creazione in un feticcio del denaro, della ricchezza come tale, e l'avere come obiettivo della produzione l'accumulazione di questo feticcio nella sua forma astratta, implica questa cosa, che si produca solo quello che valorizza il capitale. 


Che cosa significa valorizzazione? Cerco di sintetizzare in maniera spero chiara e breve. Marx introduce il concetto di plusvalore. Che cos'è il Plusvalore? Secondo Marx la fonte del valore è il lavoro astrattamente umano e il tempo della sua erogazione ne determina la grandezza. Otto ore lavorative producono mettiamo appunto 8 ore di grandezza di valore, ma il capitalista quando compra gli elementi della produzione, non compra il lavoro, compra la forza-lavoro, cioè compra per un determinato periodo di tempo l'individuo che poi erogherà il lavoro e non è detto che questo costi 8 ore, anzi in genere ne costa meno; se comprare 8 ore di lavoro costa 4 ore, la differenza sono il pluslavoro e il plusvalore. Il capitalista gioca su questo; la fonte del valore non è la forza-lavoro stessa, ma il lavoro; il lavoro non è quello che ha comprato, quello che ha comprato è la forza-lavoro, cioè l'individuo che poi lavorerà. E nella differenza tra queste due grandezze viene fuori il plusvalore. Per aumentarlo il più possibile il capitalista cercherà di ridurre la grandezza di valore della forza-lavoro al minimo. Come? O pagando meno, ma, in maniera ancora più consistente aumentando la produttività del lavoro e creando una differenza temporanea tra la sua produttività e quella degli altri capitalisti, in modo da avere un extra-plusvalore. 

Questo meccanismo instaura l'aumento della produttività del lavoro, che alla fine ha determinato quello che abbiamo noi, cioè scienza, conoscenza, tecnologia, applicazione della scienza ai processi produttivi; quindi, tendenzialmente, non c'è più bisogno di lavorare. C'è il famoso passo di Aristotele nella Politica in cui si dice: se i telai filassero da soli, se gli strumenti suonassero da soli non ci sarebbe bisogno di schiavi. Noi siamo alle soglie di un mondo in cui non c'è più bisogno di schiavi, perché le macchine fanno quasi tutto da sé. Questa è una cosa incredibilmente positiva, perché permette a noi, rispetto alla generazione dei nostri nonni, di non lavorare 14 ore al giorno nei campi in estate o 12 ore in fabbrica, basta lavorare poco. Questa cosa positiva, nel modo di produzione capitalistico confligge con il processo di valorizzazione, perché il modo di produzione capitalistico deve invece salvare la forma salariata, in quanto il suo surplus viene dalla differenza di quello che paga e di quello che ottiene dall'attività lavorativa del lavoratore. Il denaro, la valorizzazione, sono esempi di come il modo di produzione capitalistico sia intrinsecamente contraddittorio; da una parte crea i concetti di libertà e uguaglianza, come abbiamo visto prima, ma dall'altra crea la schiavitù salariale. È lo stesso meccanismo che da una parte crea la produttività che in teoria permette di liberare l'umanità dalla schiavitù del lavoro necessario in una maniera che era inconcepibile in passato, ma dall'altra non permette di utilizzarla perché si produrrà solo ciò che valorizza il capitale. Quindi questa produttività non si userà in generale, ma si userà solo a queste condizioni. Questa intrinseca contraddizione produce poi effetti che saranno le crisi, che saranno la caduta tendenziale del saggio del profitto di lungo periodo. Questo è un altro capitolo in cui non entrerò. 


Tornando al denaro, abbiamo visto il feticcio del denaro come valore in generale, l'accumulazione di questo feticcio come obiettivo della produzione stessa. Andando ancora più avanti Marx, nell'ultima parte del terzo libro, introduce altre categorie che sviluppano ulteriormente il concetto di denaro, che sono il credito e il capitale fittizio, il capitale azionario. Praticamente la forma astratta della ricchezza, che nel denaro ha questa sua prima manifestazione che abbiamo visto, man mano che si va avanti tende a diventare, come dire, apparentemente separata dal processo produttivo stesso. Per esempio, un'azienda che ha i suoi capannoni macchinari eccetera, fa una stima del valore astratto di tutto questo impianto, lo trasforma in azioni e lo mette sul mercato azionario. Le due grandezze dovrebbero corrispondere, cioè la grandezza fittizia e quella reale dovrebbero avere un collegamento, ma le azioni sul mercato azionario hanno una vita indipendente, in parte vivono della dinamica di domanda e offerta nel mercato azionario e quindi si gonfiano, si sgonfiano, apparentemente vivono una vita che sembra indipendente dal processo reale effettivo dell'accumulazione reale nel processo produttivo. Questo fenomeno diventa tanto più importante quando non ci sono le condizioni di un investimento produttivo consistente. Adesso, per esempio, negli ultimi anni che cosa è successo? L'impossibilità di investire con un forte profitto nell'economia reale ha fatto sì che molti preferissero investire massicciamente nell'economia speculativa, nel capitale azionario. Le disproporzioni tra la ricchezza reale e quella azionaria nelle varie stime che fanno sono incredibili. Man mano che la bolla si gonfia il distacco tra questi due lati diventa sempre maggiore e quindi questo denaro diventa molte cose; già non è più il denaro solido metallico del passato, diventa prima banconota, poi diventa appunto azione, diventa cedola di credito, tutta una serie di differenziazioni e articolazioni in cui il legame tra questa forma astratta della ricchezza e il processo reale sembra sempre più rarefatta, sempre più non esserci sostanzialmente, ma qui di nuovo, secondo la teoria di Marx, si vedrà che non è così, perché le crisi sono la verifica che a un certo punto la proporzionalità si deve ristabilire. C'è la crisi prima finanziaria, che può essere più o meno ampia a seconda di mille contingenze, che chiaramente non è possibile prevedere in astratto; alla fine i nodi vengono al pettine, perché la crisi reale sarà il determinante della crisi finanziaria. Cioè la riproduzione reale darà la misura di quanto la bolla è speculativa. Il denaro, in tutte queste sue articolazioni è veramente il capitale, sono tutte forme in cui il capitale prende vita in differenti livelli di astrazione. 


Il feticismo della merce, il processo di valorizzazione come condizione del produrre o meno, la finanziarizzazione del processo e lo spiegare perché esistono crisi e non espansione indefinita della ricchezza astratta sono domande che in Marx trovano una risposta; questa risposta è molto astratta, questo è il limite, cioè Marx parla di queste categorie sostanzialmente definendole, stabilendo che cos'è il capitale fittizio, che cos'è processo di accumulazione, che cos'è il denaro e in questo senso non sono immediatamente operative, cioè non posso prenderle come sono e capire tutto del mondo contemporaneo. Posso prenderle come sono e su queste costruire, indagare ulteriormente per capire che cosa? Non il modo di produzione capitalistico in astratto, ma il capitalismo italiano del XXI secolo; per parlare di questo ho però bisogno di molti elementi in più. Ho bisogno degli Stati, di come questi interagiscono dentro la comunità europea, di come la comunità europea interagisce con gli altri grandi capitali del mondo, ho bisogno di una serie di teorie cuscinetto, cioè di livelli intermedi di comprensione che come dire sta a noi produrre. Secondo me, la sfida per i ricercatori contemporanei è vedere come da queste categorie fondamentali di Marx sia possibile andare avanti, ampliare e strutturare ulteriormente questo impianto categoriale per capire di più il reale. Della crisi attuale Marx direbbe che è una crisi da bolla speculativa, però solo con il capitale non posso spiegare la dinamica esatta, non posso dire perché esattamente questa bolla è andata in questo modo o nell'altro; è come se voi studiaste patologia medica, questo ovviamente non mi dice come curare me, lui, o lui, vi dà una strumentazione che poi quando incontrate me, lui, ecc. vi permette di chiedergli se ha preso freddo, se ha la pressione alta, tutta una serie di ulteriori informazioni che alla fine vi permettono di fornire una diagnosi. Però come patologia generale la teoria del capitale di Marx funziona molto bene secondo me. Il denaro è appunto uno dei nodi cruciali. 


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