Francesco Indovina, Sullo spazio del capitale
da IL MANIFESTORiflessioni sui nessi tra capitale e territorio al tempo della crisi
Data di pubblicazione: 18.07.2010
Autore: Indovina, Francesco
Nei saggi raccolti da Giovanna Vertova nuovi contributo della geografia marxiana alla comprensione delle trasformazioni in atto. Il manifesto, 18 luglio 2010
Lo spazio del capitale, a cura di Giovanna Vertova, Editori Riuniti, Roma, pag 295, euro 15
Dopo l'orgia di «geografia post-moderna» che ha segnato gli ultimi anni, il libro di Giovanna Vertova riprende con un impianto teorico marxiano una riflessione sullo spazio del capitale oggi. Per rintracciare un testo complessivo di uguale impianto bisogna risalire al 1974, a Marxismo e geografia di Massimo Quaini. Da allora si sono prodotte analisi di dettaglio, ma il nesso profondo tra capitale e territorio si è sempre più vanificato. Nell'introduzione l'autrice segue un doppio percorso, attraverso la letteratura e attraverso la fenomenologia del cambiamento del rapporto tra spazio e capitale generato dalle trasformazioni di quest'ultimo (nuove tecnologie, globalizzazione e via dicendo). L'autrice costruisce una relazione dialettica tra lo spazio e il processo di produzione, che non dipende tanto dal fatto che la produzione si deve «concretizzare» in uno spazio, ma si fonda sulla necessità di creare un ambiente adatto all'accumulazione capitalistica, dove «le diversità spaziali giocano un ruolo importante quanto quelle sociali». Un'affermazione questa che potrebbe indurre qualche perplessità ove non si tenesse conto, come fa l'autrice, che lo spazio non è un dato di natura ma un prodotto dell'attività del capitale.
Le crisi, a cominciare da quella degli anni '80, servono non tanto a disegnare una nuova geografia del capitale, ma piuttosto ad accelerare il processo di trasformazione della geografia del capitale: per le ragioni sostenute dall'autrice, siamo di fronte a un processo di continua ridefinizione dello spazio operativo del capitale alla ricerca di occasioni che ne accrescano i vantaggi. In questo schema la frattura tra economia di carta e economia reale, come oggi si dice, complica la questione dello spazio del capitale, così che ne deriva una situazione di indeterminatezza a tutto scapito di chi il processo capitalistico subisce. A questo proposito il saggio di W. Hope Temporalità e conflitto contenuto nel volume fornisce alcune riflessioni di grande interesse.
Nel saggio che Vertova scrive con Riccardo Bellofiore (Alla ricerca dello spazio perduto), è messo in luce il nesso contraddittorio e integrato del processo di omogeneizzazione dei luoghi con quello della loro differenziazione. Due fenomeni che dinamicamente si combinano e si scombinano, proprio in virtù del fatto che lo spazio non è un assoluto, ma l'esito di un processo di costruzione, non «altro» rispetto alla società. Un processo tecnico, produttivo, sociale e culturale e in ultima istanza anche ideologico come insegna la Lega. Di notevole interesse la riflessione sullo spostamento del risparmio delle famiglie (direttamente o attraverso i fondi pensioni) dalla «sicurezza» alla speculazione finanziaria. Il tema avrebbe meritato una riflessione più ampia (Bellofiore lo ha affrontato in altra occasione con Halevi) proprio in ragione degli effetti territoriali. La crisi finanziaria ridisegna, ancora poco nel nostro paese, ma in modo consistente in Usa per esempio, la geografia delle famiglie, che convinte di essersi guadagnate livelli consistenti di libertà (localizzativa) si ritrovano nuovamente «obbligate».
Oltre ai saggi citati, il volume contiene altri tre testi, uno di D. Harvey (molto amato dalla curatrice, a mio modo di vedere senza un approccio critico) sulla Geopolitica del capitalismo, uno su Capitale e localizzazione industriale di R. Walker e M. Storper e, infine uno di R. Walter e D. Buck su La via cinese (che mette in evidenza le contraddizioni interpretative dello sviluppo di quel paese). Nel complesso il volume costituisce un apporto di notevole interesse (anche se forse sarebbe stata utile una maggiore attenzione alla produzione del nostro paese) e un contributo alla rinascita degli studi delle relazioni tra trasformazione capitalistica e trasformazione nell'uso e del territorio tale, si spera, da riaprire uno spazio di riflessione (senza la quale c'è solo assuefazione).