Sunday, 15 June 2025

Da ideologia a ideologemi

Da ideologia a ideologemi

La maniera in cui gli organi di stampa parlano degli attacchi di una notte rispetto al bombardamento a tappeto della striscia ha ovviamente dell’incredibile e sta solo a testimoniare come ormai l’informazione sia un puro meccanismo di plagio che non deve nemmeno rendere conto di un minimo di coerenza semantica, porre in una linea di ragionamento non dico coerente ma in qualche modo sostenibile i discorsi della mattina con quelli della sera.
È questo un sintomo di ulteriore decadimento della civiltà nostrana, dove ormai non si producono più nemmeno ideologie, vale a dire sistemi di pensiero con una qualche organicità che diventano visioni del mondo operative, sistemi di valori e di comportamento, religioni nel senso della tradizione gramsciana, ma meri ideologemi, contenuti singoli ad hoc che possono essere l’uno l’opposto dell’altro dalla mattina alla sera. È la pura manipolazione, il puro affastellamento di immagini e notizie che devono passare in virtù della mera insistenza con cui le si propone, senza la necessità di convincimento. È la distruzione della Cultura in senso forte, di un sistema regolativo di principi che reggono una società che dir si voglia democratica. Dalle ideologie agli ideologemi, i singoli contenuti di volta in volta mutevoli in funzione dello scopo della giornata.
Anche qui non si tratta di piangere i bei tempi andati in cui lo scontro politico era anche sviluppo culturale, ma di prendere atto di come la dinamica attuale del capitalismo, che chiamo crepuscolare, tenda a instaurare meccanismi di puro dominio senza direzione, forza senza egemonia, dove anche il modo di concepire la realtà viene inculcato a forza senza mediazione e convincimento (ovvero violentemente).
Queste trasformazioni ovviamente pongono quesiti sulla tenuta di sistema: può reggersi un regime sulla mera forza? Se sì, per quanto tempo? Con che prospettive di sviluppo, che sono garanzia della sua stessa sopravvivenza? Si può andare avanti a lungo a bastonate e chiacchiere? Nemmeno il fascismo ha fatto così, ha dovuto a un certo punto normalizzare. Insomma, il modello America latina funziona se c’è un centro che non funzione in quel modo. Ma se tutto il sistema prende quella piega? Domande aperte.

I valori occidentali

I valori occidentali

Da una parte è bene ribadire che è una follia ripudiare i “valori occidentali” se con ciò si intende libertà di pensiero, di stampa, di opinione, uguaglianza, libertà individuali, diritti sociali, il concetto universale di essere umano, la legge e non l’arbitrio come regolatrice delle società ecc.
È ingenuità diffusa credere che tutto ciò sarebbe “naturale” e che il perverso mondo moderno starebbe negando o “alienando” l’essere umano originariamente pacificato. Tutti questi bei principi, ben lungi dall’essere naturali, sono invece risultato di complessi e contraddittori processi storici che hanno portato a essi come conquiste sociali. In “origine” gli esseri umani si mangiavano tra di sé. Lo stesso anti-eurocentrismo è un concetto quanto mai… europeo, nato e possibile solo dalla tradizione che si è sviluppata a partire dall’Europa illuminista.
Detto questo, è bene sottolineare che quanto stanno facendo adesso i sedicenti difensori dei valori occidentali è la negazione dei valori occidentali, o almeno di quei valori progressisti di cui si dichiarano paladini. Nelle guerre in corso è negata in particolare l’universalità dell’essere umano e la vigenza del diritto come criterio regolatore dei rapporti interpersonali e interstatuali. Sbandierare i valori occidentali per negarli è quanto stanno facendo le sedicenti forze del bene. Da una parte è quindi un’assurdità combattere contro i valori occidentali, significa solo abboccare all’amo che hanno teso.
D’altra parte però è altrettanto assurdo non vedere che questa negazione di fatto non è un mero capriccio o uso strumentale soggettivo di essi da parte di alcuni capi di governo rispetto ad altri. In parte lo è, beninteso, ma le cause strutturali che mettono in moto questi meccanismi sono ancorate alla dinamica di (difficile) valorizzazione delle forze capitalistiche ad oggi egemoni di fronte all’emergere di meccanismi che hanno messo in crisi il sistema di dipendenza economica finora prevalente. Insomma, il modo di produzione capitalistico non è in grado, per la sua intrinseca crisi di valorizzazione, di universalizzare effettivamente quei principi universali.
Salvare lo stato di diritto borghese è un obiettivo minimo, ma non ci si può limitare a una formalistica rivendicazione di legalità. Bisogna intervenire nei processi organizzativi e produttivi rilanciando la questione del controllo pubblico della produzione (o almeno dei suoi gangli fondamentali) e del suo coordinamento internazionale secondo regole convenute.

Referendum

Referendum

Con ben poca sorpresa, il quorum non è stato raggiunto. Che un mondo del lavoro superprecarizzato non voti contro la precarizzazione parrebbe difficile da immaginare. Invece non c'è da sorprendersi.
Di primo acchito, due gli elementi da prendere in considerazione:
1) una gran parte dell'elettorato è ormai politicamente analfabeta, non ha più idea delle cose per cui vota. Non nel senso che non conosce il merito del quesito, ma nel senso che non ha capacità di comprensione delle scelte politiche (chi ha a che fare con le nuove generazioni sa che, pur con lodevoli eccezioni, le cose in questo senso non andranno a migliorare);
2) questo analfabetismo di base era sicuramente minore prima, ma certo non assente; era mediato dalle organizzazioni di massa che, al di là del conoscimento individuale, davano un orientamento in cui l'elettorato progressista si riconosceva. Le leggi per la cui abrogazione si è votato *sono state fatte per lo più dal PD* con un sostanziale silenzio/assenso del sindacato promotore dei referendum.
Dunque, tenendo conto di chi non sa/capisce, di chi è mosso da sentimenti di protesta contro queste organizzazioni per il loro "tradimento", di chi è rimasto disorientato dal loro comportamento (si noti bene che diversi esponenti del PD hanno confermato di essere contrari all'abrogazione), di chi ormai pensa che sia inutile perché "tanto non cambia niente", il risultato non è poi così sorprendente e, ahimè, da molti a malincuore già previsto.
Si potrebbe quasi sospettare che si tratti di manovre interne volte a indebolire ulteriormente quel poco di sinistra che resta in questi schieramenti.
È l'esito di un lungo processo iniziato con le privatizzazione dei primi anni '90 di cui il PDS --> PD --> D ecc. è stato promotore e protagonista.
È l'onda lunga del governismo del PCI, della crisi e della fine dell'URSS, dello smarrimento pratico e ideologico di fronte alle sfide del capitalismo crepuscolare.
Lo si definisca come si preferisce, questo processo si declina bene con i programmi di neo-servitù che i nostri governanti ci stanno apparecchiando o, meglio, che stanno mettendo in esecuzione su mandato dei loro padroni.
Parecchi dei cacicchi che ora si beano perché hanno garantita una parte delle stecca, non vorrei però avessero più in là a dolersene.

Violenza e universalismo

Violenza e universalismo

Il massacro è in corso, in diretta da mesi. Non è il primo e non sarà, purtroppo, l’ultimo. Recentemente ce ne sono stati altri, compiuti anche dai soliti noti, dalle forze del bene e del diritto.
Non solo recentemente: i difensori del diritto hanno fondato i propri paesi sul genocidio in diverse parti del mondo, hanno trafficato in esseri umani facendo guerre per ottenere il monopolio di quei traffici, hanno messo in musei i “selvaggi” in casa propria alla pari degli altri animali dello zoo.
Chi è che non lo sa? Qual è la differenza? Perché questo caso ci indigna di più? Forse perché è indiretta streaming e non si può far finta di non sapere, di non vedere? Ma è davvero possibile fingere di non conoscere la sanguinaria storia di dominio e distruzione su cui è basata la nostra presunta civiltà? La verità è che a molti, moltissimi, questa cosa non desta alcun problema. Che finché non riguarda “noi” si può guardare questo scempio come un film in televisione. Un film triste ma che dalla televisione non esce. E se il “nostro” benessere non viene toccato… pazienza, con tristezza, ma pazienza.
La verità è che l’essere umano come concetto universale, come valore da difendere ovunque non è un dato, non è innato, ma il risultato di un processo di civilizzazione che si può interrompere, o addirittura far arretrare. E questo processo evolutivo non è solo individuale, non avviene solo nelle coscienze dei singoli, ma all’interno di una dinamica sociale che ha delle strutture e delle regole. Il riconoscimento formale dei diritti universali la borghesia capitalistica, per una fase e in determinate zone del mondo, lo ha promosso. Lo sviluppo capitalistico è però rapidamente e strutturalmente arrivato allo stadio in cui non riesce a espanderlo ulteriormente, anzi in cui è di nuovo preferibile ridurne la portata a élite selezionate. Queste élite hanno bisogno di un entourage più o meno largo. Le masse subalterne all’interno del mondo occidentale sono al bivio tra schierarsi per cambiare le regole del gioco oppure sacrificare il fratello più debole per entrare a far parte di quell’entourage. Il fascismo (diretto o mascherato) è la seconda scelta, è la speranza di essere ammessi, anche se sul gradino più basso, in quel circolo ristretto. Per gli altri, può dispiacere (e a qualcuno nemmeno dispiace).
C’è tuttavia anche chi quell’universalismo lo vuole rendere davvero tale, contro coloro che lo vogliono negare del tutto o affermare solo formalmente. Un universalismo reale deve trovare delle vie di uscita dal capitalismo e dai suoi meccanismi perversi che fanno di guerra, dominio e distruzione l’esito sempre più probabile delle perverse dinamiche di valorizzazione e dominio. Finché qualcuno così continuerà a esistere e lottare, la luce della speranza non è spenta. Tempi migliori verranno.

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