https://amzn.eu/d/gzlDnG8
INTRODUZIONE
di Roberto Fineschi
A distanza di 23 anni viene riproposta l’unica monografia pubblicata in vita da Alessandro Mazzone. Il titolo, Questioni di teoria dell’ideologia, è significativamente seguito da “I”1: una seconda parte, di cui a fine libro l’Autore stesso riporta la struttura, avrebbe dovuto far seguito. Nel suo percorso intellettuale il testo fa da spartiacque tra gli inizi dellavolpiani, lo studio di Gramsci e il profondo ripensamento di temi hegeliani che, negli anni Settanta, aveva dato il suo primo corposo frutto nel complesso saggio sul feticismo del capitale2. Lo studio analitico della teoria marxiana del capitale3 - basato sulla pubblicazione della nuova edizione storico critica delle sue opere4 -, l’approfondimento delle strutture logiche portanti della teoria hegeliana porteranno a una sospensione di giudizio che non si risolverà mai pienamente, lasciando in sostanza allo stato di torso lo sviluppo di una teoria marxista dell’ideologia. Nella speranza di rintracciare nel lascito la seconda parte (che l’Autore dichiarava essere sostanzialmente pronta), per agevolare il lettore cerchiamo di ricostruire le linee portanti del suo ragionamento5.
Elaborando una “teoria dell’ideologia” Mazzone è forse uno degli autori che più seriamente ha ripreso l’impostazione gramsciana del problema del rapporto fra struttura e sovrastruttura, indagando le modalità di riflessione in se stesso del corpus storico-materiale, quindi la possibilità di una azione storica razionale. Lasciando da parte le frasi fatte sulla generica fondazione strutturale della sovrastruttura, Mazzone cerca di ricostruire i processi di mediazione che, a partire dalle determinazioni formali della riproduzione sociale, permettono di sviluppare categorie “fenomeniche” che saranno poi i soggetti agenti alla superficie della società; essi si formeranno delle ideologie e degli orientamenti sulla base della loro prassi sociale. Ciò produce delle “parvenze oggettive”, vale a dire delle ideologie in senso forte: non mero inganno, ma strutture della percezione e dell’autopercezione che sono tali in quanto socialmente praticate da soggetti storicamente determinati.
La struttura fondamentale dell’ideologia borghese è secondo Mazzone la “persona”. Il mondo capovolto non è l’oggetto alienato di una coscienza presupposta che deve riappropriasi della propria essenza; questa è anzi la tipica impostazione ideologica del problema che presuppone la sostanzialità della “persona”. Essa è invece da intendere come struttura della riflessione, posta dal modo di produzione capitalistico stesso nel suo sviluppo dall’astratto al concreto, cioè concrezione ulteriore, riflesso primo, “soggettualità”. Se però viene presa a sé, ipostatizzata da luogo della mediazione a fondamento ontologico di essa, si trasforma in figura ideologica. Mazzone chiama ciò “fondazione formaliter della riflessione” (in questa edizione pp. 55-56): la persona, come luogo della mediazione del concetto astratto della circolazione semplice, nell’ipostasi ideologica viene considerata sia mediazione che fondamento della produzione come tale.
A distanza di 23 anni viene riproposta l’unica monografia pubblicata in vita da Alessandro Mazzone. Il titolo, Questioni di teoria dell’ideologia, è significativamente seguito da “I”1: una seconda parte, di cui a fine libro l’Autore stesso riporta la struttura, avrebbe dovuto far seguito. Nel suo percorso intellettuale il testo fa da spartiacque tra gli inizi dellavolpiani, lo studio di Gramsci e il profondo ripensamento di temi hegeliani che, negli anni Settanta, aveva dato il suo primo corposo frutto nel complesso saggio sul feticismo del capitale2. Lo studio analitico della teoria marxiana del capitale3 - basato sulla pubblicazione della nuova edizione storico critica delle sue opere4 -, l’approfondimento delle strutture logiche portanti della teoria hegeliana porteranno a una sospensione di giudizio che non si risolverà mai pienamente, lasciando in sostanza allo stato di torso lo sviluppo di una teoria marxista dell’ideologia. Nella speranza di rintracciare nel lascito la seconda parte (che l’Autore dichiarava essere sostanzialmente pronta), per agevolare il lettore cerchiamo di ricostruire le linee portanti del suo ragionamento5.
Elaborando una “teoria dell’ideologia” Mazzone è forse uno degli autori che più seriamente ha ripreso l’impostazione gramsciana del problema del rapporto fra struttura e sovrastruttura, indagando le modalità di riflessione in se stesso del corpus storico-materiale, quindi la possibilità di una azione storica razionale. Lasciando da parte le frasi fatte sulla generica fondazione strutturale della sovrastruttura, Mazzone cerca di ricostruire i processi di mediazione che, a partire dalle determinazioni formali della riproduzione sociale, permettono di sviluppare categorie “fenomeniche” che saranno poi i soggetti agenti alla superficie della società; essi si formeranno delle ideologie e degli orientamenti sulla base della loro prassi sociale. Ciò produce delle “parvenze oggettive”, vale a dire delle ideologie in senso forte: non mero inganno, ma strutture della percezione e dell’autopercezione che sono tali in quanto socialmente praticate da soggetti storicamente determinati.
La struttura fondamentale dell’ideologia borghese è secondo Mazzone la “persona”. Il mondo capovolto non è l’oggetto alienato di una coscienza presupposta che deve riappropriasi della propria essenza; questa è anzi la tipica impostazione ideologica del problema che presuppone la sostanzialità della “persona”. Essa è invece da intendere come struttura della riflessione, posta dal modo di produzione capitalistico stesso nel suo sviluppo dall’astratto al concreto, cioè concrezione ulteriore, riflesso primo, “soggettualità”. Se però viene presa a sé, ipostatizzata da luogo della mediazione a fondamento ontologico di essa, si trasforma in figura ideologica. Mazzone chiama ciò “fondazione formaliter della riflessione” (in questa edizione pp. 55-56): la persona, come luogo della mediazione del concetto astratto della circolazione semplice, nell’ipostasi ideologica viene considerata sia mediazione che fondamento della produzione come tale.
La produzione – che è necessariamente sociale – viene qui in sostanza ridotta al processo lavorativo nei suoi momenti astratti (p. 51). Partendo da questa “persona” – Smith ne è l’esempio storicamente più significativo (pp. 42-51) – non si può distinguere fra 1) processo lavorativo in astratto, 2) produzione di valore e 3) produzione di plusvalore, perché tutte ricadono indistintamente in essa. Questo è il paralogismo idealistico: le forze produttive vengono ricondotte all’idealità del lavoro, cioè al concetto astratto di lavoro – dove l’elemento sussumente è la finalità del processo posta dal soggetto che ha prima nella propria mente il risultato – e non al lavoro nella sua processualità concreta (pp. 62-65). Così essa appare come un’astratta figura transstorica, base immediata di qualsiasi concettualizzazione della produzione e quindi sia “universale” che immediatamente “esistente”, in quanto comune a tutto il produrre, ma anche empiricamente constatabile punto per punto. Da ciò non è stato alieno neppure molto marxismo che su di essa ha costruito astratte concezioni del nesso struttura-sovrastruttura (tutto il marxismo dell’alienazione o comunque basato su forme sostanzialistiche di antropologia filosofica diventa in sostanza una variante dell’ideologia borghese).
Per uscire da questa impasse è necessario pensare il processo di produzione e riproduzione storico-naturale come un tutto complesso, dove il momento “non-materiale” sia pars specifica. La stessa fondazione formaliter della riflessione sarà allora riconosciuta come
forma necessaria di autoappercezione dei soggetti del processo e come tale ricondotta alle forme di esso, cioè ideologia in senso forte (pp. 75 ss.) Per far ciò Mazzone distingue analiticamente fra soggetticità e soggettualità. La quintessenza umana – lavoro come rapporto biotopico-tipico dell’uomo ente naturale nella natura e con la natura – non viene affatto esclusa dalle teoria: essa segna il momento della storia naturale in cui il lavoro è insorto. Essa costituisce quindi la possibilità astratta della storia umana, ma come tale non ne mostra le modalità di mediazione che da essa non si possono dedurre. La storia delle formazione economico-sociali, che è parte della storia della natura, sussume questa sua origine e la mantiene come elemento costitutivo ma non come sostanzialità. Come tale essa è soggetticità, nozione analitica formale-funzionale (pp. 121 ss.).
D’altro canto è necessario adesso mostrare come la “persona” sia una “topica”, cioè il luogo necessario della autopercezione degli individui agenti nella circolazione semplice prima e nel modo di produzione capitalistico vero e proprio poi. In quanto le persone hanno interrelazioni “esistentive”, cioè interagiscono nel loro legame strutturale, sviluppano figure di cultura e di ideologia in senso forte a un livello di concrezione più basso, cioè delle “icone” (si creano cioè rappresentazioni del mondo che divengono istituzioni e orientamento della prassi sociale). Ma per fare ciò bisogna partire dal concetto di persona e dalla sua genesi come riflesso primo del processo materiale di produzione. Mazzone ne determina le forme specifiche seguendo la ricostruzione che Marx fa nei Grundrisse dell’individuo dello scambio e della circolazione semplice come astrazione complessa del modo di produzione capitalistico.
Gli individui dello scambio sono possessori di merci che portano al mercato il loro prodotto per altri; come questo sia stato effettivamente prodotto è al momento non posto, si suppone che genericamente siano produttori autonomi ed indipendenti. La relazione fra i diversi scambianti è la mediazione del contenuto in quanto cosa naturale e infinitamente variabile. Questo contenuto, che cade fuori dalla determinazione economica, può solo essere: 1) la particolarità naturale delle merce che viene scambiata; 2) il particolare bisogno naturale degli scambianti, ovvero il diverso valore d’uso delle merci da scambiare; la diversità naturale in quanto negata è il fondamento dell’uguaglianza sociale. La necessità dell’interscambio determina il rapportarsi reciproco per soddisfare il bisogno, ciò estende l’essere umano al di là di sé. Questo comune essere generico comporta il riferimento del singolo a questa sua astratta essenza comune in cui ciascuno si sa come identico; d’altro canto la mediazione effettiva del contenuto nello scambio dà luogo all’autoriflessione dell’universale come ente generico: rispetto a esso sono tutti uguali. Adesso è nella coscienza degli individui così costruiti che ciascuno raggiunge il proprio scopo in quanto serve all’altro come mezzo, che ciascuno è mezzo (esser-per-altro) in quanto è fine a sé (esser-per-sé) e che la reciprocità dell’interscambio è riconosciuta come fatto, ma procede dietro le spalle in quanto non è da loro posta come scopo. Ad essi pare dunque di agire senza costrizione, in quanto il rapporto è saputo in questa forma: sono liberi (pp. 182-184).
Così determinato l’individuo dello scambio è persona, una struttura di riflessività del modello astratto della circolazione semplice; in quanto momento parziale dell’autoriproduzione complessiva, media questa, ma non né è la sostanza; la astratta sostanzialità è della circolazione semplice nel suo complesso.
Le determinazioni naturali generiche della soggetticità sono già superate dalla persona (sono cioè suoi momenti in quanto figura storicamente e socialmente determinata di soggetto); esse tuttavia le appaiono come intrinseche alla persona stessa perché essa ha coscienza del rapporto secondo le determinazioni ora esposte, sembrano quindi per lei indistinte ed eterne. La sua autocoscienza, il riconoscimento di sé nell’altro, è questo rapporto posto nelle coscienze individuali: per loro il primum è la persona. Di fronte a essa sta adesso la natura come alterità dall’identità con sé della persona stessa; essa è quindi altrettanto astratta; essa si presenterà come massa di cose, contenuto dell’azione della persona che le media: oggetti di lavoro, di consumo, ecc. (pp. 198 s.).
Ma una volta posta la persona come struttura soggettuale della circolazione semplice di merci, cioè sua specifica forma di moto, è la dinamica stessa della dialettica valore d’uso/valore che porta alla forma di capitale e quindi alla negazione e sussunzione di quelle forme e alla scoperta fondamentale delle forza-lavoro. Come processo capitalistico di produzione gli astratti elementi presupposti nella circolazione semplice si determinano come strutturazione obiettiva della produzione stessa. Infatti sia la circolazione semplice che la persona come suo riflesso non sono che astrazioni del modo di produzione capitalistico che come tale è la loro origine; la produzione vera e propria è il luogo in cui la mediazione effettuale del processo storico-naturale ha luogo ed essa ha le forme specifiche del rapporto capitalistico di produzione, cioè lavoro salariato e capitale. Se le determinazioni di capitale vengono fuori dalla circolazione semplice, esse si muovono poi attraverso determinazioni di forma specifiche e più sviluppate che comportano la sussunzione della circolazione e la sua riduzione ad astrazione semplice. Ciò è però la negazione della persona come figura soggettuale perché i presupposti astratti produttori indipendenti adesso non ci sono più; ci sono invece le nuove determinazioni del contenuto-formato, il lavoratore complessivo come nuova forma di soggettualità. Gli elementi del processo lavorativo si uniscono come momento della produzione capitalistica in cui esso è effettaule. Ma la produzione capitalistica è un processo di posizione dei propri presupposti e quindi non c’è più presupposto sostanziale alcuno (pp. 211 ss.).
La persona rimane però vigente come forma di soggettualità a livello della circolazione sussunta dal moto del capitale e quindi diventa parvenza. Ma essa, lungi da essere inganno, è parvenza obiettiva, cioè modalità specifica in cui il rapporto appare ai suoi latori (come “esistentività iconica della topica”). Questa è il cardine concettuale del feticismo del capitale: persone e cose che si contrappongono6. Ma nel suo moto il capitale assume a un livello di astrazione più basso forme derivate (profitto medio e prezzi di produzione, ovvero il “completamento della teoria”), che instaurano nuove dinamiche specifiche. È attraverso queste categorie che alla superficie avviene la produzione e riproduzione del corpo storico-naturale7. La persone e il feticismo del capitale sono quindi una struttura storico-formale che come tale è parte effettiva del processo storico, cioè suo momento come soggettualità, quindi forma generalmente valida “matrice di figure potenzialmente egemoniche della produzione sociale”8.
È così insensato anche da parte marxista elaborare una teoria della rivoluzione o della liberazione che parta dalla sostanzialità della persona e che tenda a una riappropriazione di una realtà alienata. Questo non può essere altro che utopismo in quanto vuole fare della soggettualità storica il fondamento sostanziale della “storia” e quindi esclude il concetto di modo di produzione. D’altro canto tale utopia è molto vicina all’inconsistenza esistenzialistica che sempre partendo dalla persona non può che costatare il carattere transeunte ed inadeguato delle forme in cui essa si obiettiva; sono due facce della stesa medaglia. Ma questa è del resto la matrice stessa dell’idealismo soggettivo9.
Teoria dell’ideologia è allora l’analisi dello svolgimento della struttura nella sovrastruttura, o meglio essa mostra le modalità specifiche in cui gli individui, luogo dell’azione, diventano soggettualmente coscienti del processo storico-materiale di cui sono riflesso primo (topica, soggetti con determinate caratteristiche logico-funzionali) mediandolo esistententivamente in un riflesso secondo (iconicità, si formano cioè su quella base delle rappresentazioni di se stessi e del mondo). Ci troviamo quindi a un livello di concrezione più avanzato di quello del Capitale, ma si tratta sempre di un modello astratto. Per portare la concrezione ad una dimensione “politica” quanto detto serve come strumento analitico, ma non consente di derivare le figure di iconicità storicamente effettuali dall’astratta categoria di iconicità.
Roberto Fineschi
1 A. Mazzone, Questioni di teoria dell’Ideologia I, Messina, La libbra, 1981.
2 A. Mazzone, Il feticismo del capitale. Una struttura logico-formale, in Problemi teorici del marxismo, Roma, Editori Riuniti, 1976.
3 Darà importanti frutti nel saggio La temporalità specifica del modo di produzione capitalistico, in Marx e i suoi critici , Urbino, QuattroVenti, 1987.
4 La seconda Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA2), di cui si era occupato sin dagli inizi (e assai prima di successivi autoproclamati iniziatori). Si veda in particolare il volumetto a sua cura MEGA2: Marx ritrovato, Roma, Mediaprint, 2002.
5 Si veda anche la raccolta recentemente pubblicata A. Mazzone, Per un teoria del conflitto. Scritti 1999-2012, Napoli, La città del sole, 2022.
6 Mazzone, Il feticismo del capitale cit., pp. 135-144.
7 Ivi, p. 147.
8 Ivi, p. 154.
9 A. Mazzone, Crisi del concetto di persona, in “Atti dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti”, a.a. 1982, vol. 58, pp. 16, 22-23.