Tuesday 11 August 2020

Fenomenologia della Ferragni di Roberto Fineschi

fonte: https://www.lacittafutura.it/cultura/fenomenologia-della-ferragni?fbclid=IwAR03xUHGA5isfUMOl2aizvdAWKo5MDucqvE2uFccX9X1hK5-EW0dNnegN1A#.XzAZBbfQwTo.facebook 


Fenomenologia della Ferragni

Lotta di classe e ideologia nel capitalismo crepuscolare.


Fenomenologia della Ferragni

Molti, anche autorevolmente, si sono chiesti se gli Uffizi abbiano fatto bene a scegliere Chiara Ferragni come testimonial. Implicitamente, anche non volendo, si intende criticare il mondo che la ragazza rappresenta, che non c'entra con gli Uffizi e l'alta cultura. Altri invece pensano: che c'è di male se la Ferragni ha successo, piace e porta i giovani agli Uffizi?

Il rischio qui latente è la critica moralistica da una parte o l'elitismo dell'alta cultura, un po' snobistico, dall'altra. Sono approcci che non credo portino a niente. Cerchiamo di evitare il moralismo: Chiara Ferragni è una bella ragazza cui piace mostrarsi, di ciò si compiace molto, incontrando il consenso di molti. C'è qualcosa di male? No. La ragazza ne approfitta per fare molta pubblicità a cose come profumi, vestiti, accessori ecc. e tirar su una montagna di soldi. È qualcosa di sbagliato? È una cosa normale in un mondo mercantile.

Se ti piacciono molto i vestiti, gli accessori, l'aspetto della Ferragni, fai qualcosa di esecrabile? Di socialmente inaccettabile o riprovevole? Non credo. Sono tutte cose carine o meno, a seconda dei gusti. Il problema non è qui.

La questione diventa più complessa per il fatto che la Ferragni fa del suo autocompiaciuto edonismo esibizionistico non uno stile di vita, ma la vita stessa: esso è totalizzante includendo ogni sfera della sua esistenza, dal figlio alle "buone azioni". Questo non so se è male, ma è, diciamo, pericoloso.

Se accettiamo l'idea che libertà e cittadinanza implichino, di fatto, che conoscenza, partecipazione, mutua socialità siano costitutivi del vivere insieme, tali cose non possono essere messe sullo stesso piano dei beni effimeri, se non addirittura scomparire. Non per moralismo, ma perché pensare il concetto di cittadinanza implica determinate conseguenze. Non si tratta dunque di fare o non fare certe cose, ma della loro posizione nella scala di riferimento della cittadinanza attiva.

Se penso solo a profumi, vestiti, calcio, sesso, selfie o a quello che volete non sarò mai nella condizione di capire come funziona il mondo e quindi qual è la mia condizione, posizione, ruolo, in esso. Ma questo direi che va da sé. Veniamo invece alle cose serie.

Il re non è re senza i sudditi. Se gli individui non accettassero consapevolmente o meno il proprio ruolo di sudditi, il re non esisterebbe. A dispetto del suo dire, egli non è re né per natura né per volontà divina, ma perché essi si rapportano a lui come subordinati. Sono categorie della riflessione, avrebbero detto Hegel e Marx.

Se tutti fossero come me, anche il conto in banca della Ferragni assomiglierebbe al mio. Ma fortunatamente per molti aspetti molti non lo sono... Questo però solo per dire che senza i suoi milioni di "followers" il fenomeno non esisterebbe. La ragazza è il riflesso istanziato in un individuo di un fenomeno sociale, ne è la personificazione, è quel fenomeno in carne e ossa, come un feticcio umano davanti ai nostri occhi. Condannare la personificazione e non vedere il fenomeno è un errore pratico e teorico.

Il fenomeno è un esteso processo di formazione di individui che considerano quel modello di vita come la massima realizzazione possibile: ricchi, belli, ammirati, autoreferenziali. Non cittadini insomma, ma consumatori che anelano a consumare ed essere consumati alla massima potenza. Perché ciò sia così popolare va spiegato.

Il consumatore sciocco è quello ideale: non compra in base a qualità o necessità, ma in base a mode e necessità che gli vengono proposte/imposte via marketing. Per essere felice così, il suo orizzonte di senso deve essere molto ristretto, elementare. Per produrre un soggetto del genere basta non coltivarlo, oppure sì istruirlo, ma solo tecnicamente, in modo che sappia fare la sua cosa specifica ma non sia in grado di pensare la complessità. Molto competente, ma stupido. Per pensare la complessità si rivolgerà ai relativi tecnici competenti che decideranno per lui cose che lui non è in grado di capire perché non è affar suo.

Come si ottiene questo risultato? Lo si ottiene anche con un sistema scolastico poco efficiente, o frenato invece che aiutato dalle relative istituzioni. Oppure un sistema che funzioni selettivamente, educando veramente quei pochi necessari per gestirlo da posizioni apicali.

Ammesso e non concesso che questa sia una fotografia della situazione, la domanda cui rispondere è: qual è la strategia sottesa a queste pratiche? Si tratta di capire non solo che è una logica di classe, ma quali dinamiche strutturali hanno portato a queste tendenze.

Perché per una lunga ed importante fase della sua storia e vicenda politica, la borghesia ha sostenuto e lottato per l'educazione diffusa, per l'emancipazione culturale, per la cittadinanza universale? Ne aveva anzi fatto uno slogan fondamentale della sue rivendicazioni più estreme. Prendersela con la Ferragni o con i suoi followers fanatici non serve a niente, bisogna capire perché lo sviluppo del modo di produzione capitalistico ha portato a cambiamenti culturali di questa portata.

La Persona, la categoria fondamentale dell'ideologia borghese, la rivendicazione per eccellenza della borghesia progressista, l'obiettivo di rivoluzioni combattute armi in mano, non è più in auge. Insieme ad essa hanno perso di popolarità due delle sue caratteristiche fondamentali, vale a dire l'astratta libertà e l'eguaglianza.

Per scimmiottare il lessico dell'economia mainstream, la remunerazione del fattore "lavoro", date le condizioni di riproduzione e valorizzazione del capitalismo crepuscolare, sono tali da non garantire certi standard di vita a tutti costoro. La pletora di lavoratori annulla la competitività della loro offerta. Non c'è qualifica, non c'è condizione che non sia eccedente (o pochissime). Dell'elemosina del sistema vivono tuttavia miliardi di persone.

L'impossibilità che tutti costoro possano mai diventare persone implica l'impossibilità delle direzione da parte dei capitalisti e il parallelo sviluppo di tecniche di dominio. Implica la rinuncia a farne persone e lo sviluppo di dinamiche di dominio e contenimento. Forza che deve essere egemonica in quanto tale, senza poter diventare cultura. Pone anche la possibilità di una ristrutturazione esplicitamente neoschiavistica della società; a questo fine si può procedere almeno su due piani paralleli. Da una parte creare una formazione e un senso comune sociale già di classe relativamente a competenze e capacità di fatto di esercitare determinate funzioni sociali. Dall'altra coltivare il cretinismo di massa, cosicché le ragioni e le dinamiche dei processi scompaiano dalla percezione.

Le dinamiche obiettive di riproduzione sembrano al tempo stesso produrre l'individuo come unico soggetto sociale possibile (quindi il modello individualistico "lockiano" come ontologia sociale di riferimento generico) e al tempo stesso la non universalità della persona, per cui l'individuo sia un unicum che in, quanto tale, può essere organizzato gerarchicamente.

La classica personalità borghese, nell'orizzonte capitalistico, implicava che la mia capacità performativa unica, a parità di condizioni, determinasse la mia posizione sociale. Nella sua purezza è il modello americano. In alternativa, non la mia performance, ma la mia capacità potenziale desunta "naturalmente" o per criteri "socio-culturali" determina la mia posizione. È il neoschiavismo. I due modelli possono convivere.

Ma nuovamente, in entrambi i casi, è l'individuo, per quello che fa o per quello che è, l'asse ontologico di riferimento.

La somma di tali individui che chiamiamo "classe dominante" è in realtà anche funzionalmente una classe; il resto, o la moltitudine dei reietti, ben lungi dal configurarsi come un qualche soggetto antagonista, sempre più assume la fisionomia di una neoplebe, gli humiliores del tardo impero, carne da consumo.

Smembrando, decentrando, automatizzando il processo lavorativo, il capitale crea il possibile superamento del lavoro necessario. Ma entro i confini capitalistici, ciò instaura dinamiche perverse e un potenziale lazzaronismo di massa.

Ecco allora l'edonismo consumistico; esso serve sia da miraggio per i pezzenti, che da lavaggio del cervello per chi, avendone potenzialmente i mezzi, potrebbe rendersi conto e diventare pericoloso. Oltre a consumare, la moltitudine ha bisogno di desiderare, credere, aspirare a qualcosa. Più sicuro dare dei contenuti innocui (e redditizi) a queste aspirazioni.

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