Friday, 3 September 2010

Hans Georg Backhaus. Dialettica della forma di valore. Recensione su Liberazione



La spinta propulsiva della scuola di Francoforte

di Enzo Modugno

Raccolti per gli Editori Riuniti i saggi principali di Hans Georg Backhaus, allievo di Theodor W. Adorno
Questo libro, Dialettica della forma di valore di Hans-Georg Backhaus, restituisce quella straordinaria stagione francofortese che ebbe il suo culmine negli anni '60 e che non ha affatto esaurito la sua "spinta propulsiva". L'atmosfera è quella di una rovente assemblea teorico-politica. Sullo sfondo, come in una celebre foto, la testa rotonda di Adorno imbronciato per gli attacchi di Krahl che gli siede accanto, per le obiezioni di Backhaus, Reichelt, Schmidt. Argomenti fondamentali esposti con grande chiarezza, si è tentati di intervenire, gli stessi curatori lo fanno, chiunque legga questo libro vorrà farlo. Persino il recensore.
Lo scambio è la chiave della società, aveva detto Adorno. Tuttavia per i suoi allievi non si tratta semplicemente dello scambio generalizzato, ma piuttosto della forma specifica che esso assume nel modo di produzione capitalistico: è per questo che si impegnano nella "ricostruzione" della teoria marxiana del valore, ricerche note come Neue Marx-Lektüre, condotte soprattutto da Hans Georg Backhaus, Helmut Reichelt, Alfred Schmidt. Sono ora raccolti per gli Editori Riuniti i saggi principali di Backhaus, a cura di Riccardo Bellofiore e Tommaso Redolfi Riva, (pp. 549, euro 18,00). I curatori hanno voluto rendere omaggio a Emilio Agazzi che, a metà degli anni '80, aveva tradotto e commentato una parte di questi saggi.
Per valutare appieno questa "ricostruzione" è però necessaria una premessa. György Lukács è stato il primo degli interpreti di Marx ad accorgersi, nel 1923, dell'importanza dell'analisi del "feticismo" contenuta nel primo volume del Capitale. Quindi nell'ambito del «marxismo occidentale» e in particolare nella Scuola di Francoforte (ma anche in Francia e in Italia), si affermò l'esigenza di sottrarre l'opera di Marx al dogmatismo di stato sovietico e alle interpretazioni economicistiche anglosassoni: nel caso della teoria del valore vi era la consapevolezza che fosse più complessa di come era stata interpretata non solo dai suoi critici, ma anche dalla quasi totalità dei suoi seguaci. Fraintendimenti dovuti all'incomprensione del nesso che lega la teoria del valore alla teoria del denaro e all'analisi del feticismo, cioè del nesso inscindibile tra l'analisi "quantitativa" e l'analisi "qualitativa" del valore.
Per capire di cosa stiamo parlando basti pensare che anche oggi chi ritiene la teoria marxiana del valore inadatta ad interpretare le più recenti trasformazioni produttive, si riferisce - quando va bene - soltanto alla grandezza di valore, cioè ai rapporti "quantitativi" in base a cui le merci si scambiano tra loro (contro una teoria del valore-lavoro ridotta a questa dimensione non ha perso la sua forza la critica sraffiana di ridondanza). In realtà però non si tratta solo di questo, perché il lavoro che costituisce l'unità della merce non è solo quantum di lavoro contenuto, è anche lavoro "concreto", lavoro dell'individuo privato, in quanto tale incorporato in un prodotto determinato, in un valore d'uso particolare, ferro o grano (ed ora materiale o immateriale: che soddisfi «lo stomaco o la fantasia non cambia nulla»; con l'avvertenza che quell'"individuo privato" non è il singolo lavoratore, ma il lavoratore collettivo organizzato dal capitale in concorrenza con altri capitali). Ma questo lavoro privato "concreto" deve essere trasformabile da un valore d'uso in ogni altro, deve cioè presentarsi come il suo contrario, come lavoro sociale o "astratto", e può farlo solo con la sua alienazione, deve cioè essere esibito in denaro. E' questo il processo storico-sociale che sta dietro, e spiega, la formazione della grandezza di valore. E' questa opposizione dialettica tra lavoro "concreto" e lavoro "astratto" che definisce il modo di produzione capitalistico, ed è ciò che distingue Marx dagli economisti classici, nodo centrale della sua teoria del valore.
Gli economisti marxisti invece (con poche eccezioni come Sweezy, Grossmann, Claudio Napoleoni dei primi anni ‘70) hanno ignorato questa analisi "qualitativa" restando fermi alla grandezza di valore. Ma in questo modo, se Marx può essere ricondotto a Ricardo, la legge del valore ne risulta dimezzata, perde efficacia interpretativa, e per questo è stata spesso abbandonata. Se si perde quel presupposto del quantum di lavoro che è il lavoro "astratto", la legge del valore non riesce più a dar conto di tutte le contraddizioni del sistema: viene ridotta a un principio che tutt'al più ne spiega l'equilibrio.
Ancora oggi, per esempio, i «teorici della moltitudine» per lavoro "astratto" intendono lavoro immateriale, che invece può essere solo una determinazione del lavoro "concreto". Sono quindi senza analisi "qualitativa" e perciò non riescono a identificare le nuove figure della produzione né a stabilire come si formi oggi la grandezza di valore. Risolvono la questione facendo diventare produttivi di valore tutti i viventi e mezzo di produzione il cervello umano, considerato come lo strumento/utensile che ha sostituito la macchina capitalistica (A. Negri, Cinque lezioni su Impero e dintorni, 2003, p.29). Scompare la macchina, la teoria del valore, il concetto di "classe": l'umanità diventa una «moltitudine» di artigiani.
A questo punto, anche perché potrebbe trarre d'impaccio questi compagni, possiamo valutare l'importanza del libro di Hans Georg Backhaus. Una ricerca rigorosa e documentatissima ma, come ha notato anni fa appunto Emilio Agazzi su Unità Proletaria, con intenti filosofici e politici e non puramente filologici. Si rimanda ora anche ad una nota chiarificatrice di Massimiliano Tomba sul manifesto del 5 giugno.
E' al centro del discorso di Backhaus il nesso inscindibile tra teoria del valore e teoria del denaro nella critica dell'economia politica. La sua polemica è rivolta non solo contro il marginalismo e il filone neoricardiano, ma anche contro quei teorici marxisti secondo i quali i primi tre capitoli del Capitale, nei quali si tratta di merce e denaro e non ancora di capitale, rappresenterebbero una produzione mercantile semplice (interpretazione "storica" che fu proposta da Engels, e ripresa poi da Meek). E contro coloro che invece vi scorgono soltanto una prima approssimazione (Dobb, ma anche il primo Sweezy). Niente di tutto questo secondo Backhaus, si tratterebbe invece del movimento dialettico dell'esposizione delle categorie che si può cogliere solo con una rilettura e ricostruzione "logica" del Capitale. Di qui il rimando ad Hegel.
I curatori, si è detto, sono intervenuti anch'essi in questo dibattito tra i più approfonditi sull'opera di Marx. Tommaso Redolfi Riva ripercorre con grande chiarezza la complessa ricerca di Backhaus, evidenziandone lo stretto rapporto, e nello stesso tempo le differenze, col pensiero di Adorno.
Riccardo Bellofiore che, come Backhaus, ritiene inseparabili teoria del valore e teoria del denaro, si spinge ancora più in là con un giudizio parzialmente diverso sui primi tre capitoli del Capitale. La categoria di "scambio", che per Backhaus è metastorica, può determinarsi come "baratto" o come "circolazione" e nel secondo caso essa è intrinsecamente monetaria: parte da qui la "mossa" di Bellofiore. L'economia dello scambio universale monetario è, da subito, economia capitalistica. Lo scambio universale, chiuso tramite il denaro come equivalente generale, è fondato dal rapporto sociale capitalistico, "sfruttamento" del lavoro, in un movimento processuale che è aperto dal credito bancario come finanziamento della produzione. Di nuovo: valore-lavoro-denaro, ma come finanza, neovalore-lavoro vivo.
Bellofiore descrive così la fondazione autentica del valore-lavoro: il (neo) valore è oggettivazione del lavoro (vivo) a livello macro-sociale, perché quest'ultimo deve essere estratto dalla forza-lavoro di soggetti umani socialmente determinati, che possono resistere. Per questo il capitale è sempre e solo, secondo Marx, "consumo" del "corpo" dei lavoratori in carne ed ossa (e cervello): che il capitale deve sottomettere "realmente" nella produzione, ma anche, oggi, nella finanza (e contro un ragionamento del genere non ha presa la critica di ridondanza rivolta dai neoricardiani alla teoria marxiana del valore-lavoro).
Il progetto di Adorno così non viene cancellato, ma esteso e approfondito. La critica della società non può che tramutarsi in critica dell'economia politica - analisi della "costituzione" del rapporto di capitale, dove sfruttamento del lavoro vivo e determinazione monetaria del capitale sono le due facce di una stessa medaglia, che si tratta di ricostruire nell'intreccio di conflitto, crisi e ristrutturazione. Ma la critica dell'economia politica rimanda a sua volta alla critica della ragione estraniata.
Concludendo potremmo dunque osservare che se l'obiettivo polemico dei suoi allievi era importante (e le loro ricerche necessarie), Adorno ne aveva uno ancora più vasto, il pensiero reificato, che proprio nello "scambio" aveva fondato coazione e gerarchia e che, ormai cristallizzato in un apparato materiale, è diventato mezzo di produzione e prodotto del nuovo cybercapitale.
Il dibattito aperto dai «francofortesi» perciò non ha affatto esaurito la sua "spinta propulsiva" perché proprio oggi sia la critica adorniana che la "ricostruzione" della teoria marxiana del valore diventano fondamentali per l'analisi della forma assunta dal capitale negli ultimi decenni, per criticare, nella teoria e nella pratica, l'«economia della conoscenza».

Marx e Hegel. Recensione sugli Archives de Philosophie. Bulletin de Littérature hégélienne XVII (2007)

http://www.archivesdephilo.com/Bulletins/BLH/BLH17/BLH17-34.htm

MEGA2: Marx ritrovato. Recensione di Giovanni Sgro'

http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2005-03/mazzone.htm (1 of 12)


Mazzone, Alessandro (a cura di), MEGA2: Marx ritrovato grazie alla nuova edizione critica.Recensione di Giovanni Sgro’

Nella sua bella e sottile introduzione (pp. 9-24), il curatore del presente volume ne riassume, con molta modestia, ilsenso e l’orizzonte tematico con queste parole: “Questo volume vuole informare il lettore sullo stato dell’edizione storicocriticadelle opere di Marx e di Engels. Esso dà indicazioni sul recupero e la pubblicazione dei testi, e sui risultatiraggiunti. Non pretende di offrire un panorama, o una bibliografia ragionata della ricerca che ha preceduto e tuttoraaccompagna l’edizione, ma solo di indicare alcuni strumenti di lavoro, che il lettore troverà nei saggi qui raccolti e nellenotizie date in Appendice. Ancor meno, ovviamente, si è mirato a dare un quadro degli studi su Marx ed Engels in corso,o di quelli cui l’edizione critica sta aprendo la via” (p. 22).Certo a prima vista potrebbe sembrare comunque eccessivo dedicare uno studio specifico alla pubblicazione delle operecomplete di Marx ed Engels, ma se si tien conto che tra avvio, interruzione, fallimento e ripresa della prima e dellaseconda MEGA sono trascorsi più di tre quarti di secolo, che in essa quindi si “proiettano le tragedie storiche del secoloXX” (p. 29) e se si considera che vi hanno preso parte diverse centinaia di studiosi, tanto da rendere necessariol’allestimento di un vero e proprio “Who is Who in MEGA” (cfr. <http://www.marxforschung.de/rundbr.htm>), e che latanto attesa ripresa delle pubblicazioni della MEGA2 dopo il crollo del cosiddetto “socialismo reale” ha avuto granderisonanza nella stampa di tutto il mondo, tanto che in Germania, nel febbraio 1999, la MEGA2 è stata perfino al primoposto nella lista dei bestsellers non letterari (cfr. “Die Zeit”, 11.3.1999 e Winters 1998), allora non sarà difficilecondividere l’entusiasmo dei curatori della MEGA2 e degli altri autori di questo volume nel considerare la MEGA2“un’impresa secolare in tutto il senso del termine” (cfr. Lohmann 1999), degna della massima attenzione econsiderazione critica.Con l’avvio della pubblicazione della MEGA2 ci troviamo di fronte a “un’esigenza soddisfatta dopo tre quarti di secolo”(p. 9). Infatti già più di un secolo fa e dopo appena due anni dalla morte di Engels (1895), Antonio Labriola sostenevache “sarebbe dovere del partito tedesco di procurare un’edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx e di Engels”(Labriola 1897, p. 208) e negli anni ‘30 del secolo scorso, Antonio Gramsci, che era a giorno dell’avvio della primaMEGA, annotava nei suoi Quaderni del carcere i criteri da seguire per “studiare la nascita di una concezione del mondoche dal suo fondatore non è stata mai esposta sistematicamente”, soffermandosi anche sul “caso specifico”, cioè Marx,e sottolineando fermamente l’esigenza, condivisa e adottata dai curatori della MEGA2, di distinguere Engels da Marx, non perché sia “da porre in dubbio la sua lealtà personale” ma per il semplice fatto “che Engels non è Marx” (Gramsci1929-35, pp. 419-421, riprese e rielaborate poi in pp. 1840-4).Ma veniamo adesso ai singoli contributi qui raccolti.Il contributo dei curatori berlinesi della MEGA2, Gerald Hubmann, Herfried Münkler e Manfred Neuhaus (La MEGA2:riorganizzazione e continuazione) e quello di Roberto Fineschi (Per la storia della MEGA) ricostruiscono la travagliatagenesi ed evoluzione della “MEGA-impresa” (cfr. Neuhaus/Hubmann 2003).La Marx-Engels-Gesamtausgabe ha avuto infatti “due avvii” (p. 25). Nel 1927 apparve a Francoforte sul Meno il primovolume dei 42 previsti della prima MEGA a cura di David Rjazanov, proseguita poi, dopo l’“epurazione” di Rjazanov, finoal 1932 sotto la supervisione di Viktor Adoratskij. Per quanto per i suoi tempi rappresentasse il primo sforzofilologicamente e criticamente fondato di dare un’edizione completa delle opere dei due autori, questa edizione eracarente per vari aspetti, non solo perché adottava criteri filologici ormai superati ma anche per la sensibile “pressioneideologica dello stalinismo” e del “controllo diretto del comitato centrale del partito” bolscevico (p. 38).Dopo l’intermezzo della seconda guerra mondiale e il tentativo intrapreso nel 1957 nella Repubblica democraticatedesca di fondare “una nuova identità nazionale” (p. 39) con la pubblicazione dei Marx-Engels-Werke, i famosi “volumiblu”, l’idea di una “seconda” MEGA, che documentasse il lascito letterario di Marx e di Engels nella sua integrità, inrigorosa fedeltà agli originali, con ampio apparato critico e secondo criteri moderni di presentazione dei testi nella lorogenesi e sviluppi successivi, dovette superare, per affermarsi, le resistenze di istanze di partito non secondarie.Fra il 1965 e il 1968 ebbero luogo quattro convegni fra i comitati tedesco e russo degli Istituti per il Marxismo-Leninismoper discutere il carattere della nuova edizione da pubblicare, durante i quali fu stabilito, tra l’altro, che la prima MEGAnon poteva costituire un punto di partenza. Per il 1972 si programmò un volume di prova da sottoporre alla discussioneinternazionale (Karl Marx/Friedrich Engels, Gesamtausgabe. Probeband: Editionsgrundsätze und Probestücke, Berlin,Dietz Verlag, 1972) che riscosse molti apprezzamenti, non da ultimo, anche per la qualità tipografica e il progettoartistico del grafico Albert Kapr di Lipsia.In occasione della quinta (1973) e sesta (1974) seduta comune furono fissati i principi generali su cui si basa il “carattererigorosamente scientifico dell’edizione” (p. 40): a. riproduzione assolutamente completa di tutto il lascito letterario editoed inedito; b. riproduzione completa di tutti i livelli di lavoro (schizzi, abbozzi, manoscritti etc.); c. riproduzione nellalingua originale, con mantenimento di ortografia e punteggiatura originali; d. inserimento di chiarimenti testuali e storicofilosofico-politici.La MEGA2 poteva quindi prendere l’avvio nel 1975 sotto l’egida degli Istituti per il Marxismo-Leninismo (IML) di Berlino eMosca e dell’editore Dietz di Berlino.Dopo l’“Epochenjahr” 1989 fu necessario però “spoliticizzare” la MEGA2 e “istituzionalizzarla accademicamente” (p. 25;cfr. Rojahn 1997). Prima del 1989, infatti, l’edizione non si poteva dire “ideologicamente neutra”, in quanto le Introduzionipremesse a ogni volume di testo tendevano a fornire un “orientamento di lettura” e a suggerire “una griglia interpretativa rispetto a una presupposta sequenza di fasi nella genesi della teoria marxiana”; inoltre altri “elementi di tendenzarientravano anche nell’apparato critico” (p. 29).Tuttavia, le pecche del commento ai testi nei volumi della MEGA2 ante-1989, pur rappresentando secondo alcuni critici ilsuo “tallone d’Achille” (cfr. Vollgraf 1992), non compromettono né l’integrità del materiale presentato al lettore, nél’accuratezza del lavoro filologico e critico che permise di presentarlo. A parte quindi “la strumentalizzazione politica, ilprogetto era stato scientificamente serio” (p. 42).Da più parti si manifestò il desiderio e il bisogno di un’istituzione super partes che si facesse garante del permaneredella “scientificità” dell’edizione. Nacque così nell’ottobre 1990 ad Amsterdam, su iniziativa dell’ Istituto Internazionale diStoria Sociale e del Karl-Marx-Haus di Treviri, emanazione della fondazione Friedrich Ebert, d’intesa con le dueistituzioni di Mosca e Berlino che avevano avuto fino ad allora la responsabilità della MEGA2, la FondazioneInternazionale Marx-Engels (Internationale Marx-Engels-Stiftung).L’accordo raggiunto prevedeva una riorganizzazione di tutta l’impresa, cominciando da una nuova formulazione deicriteri di lavoro validi per tutti i collaboratori (le nuove Editionsrichtlinien sono accessibili on-line:<http://www.bbaw.de/vh/mega/edri/index.html>). Doveva poi nascere una nuova struttura organizzativa e si dovevaprocedere al ridimensionamento dell’ampio progetto iniziale che prevedeva ben 165 volumi (ciascuno col suo volume diapparato = 330 tomi!), divisi nelle quattro sezioni: I. Opere, articoli, abbozzi; II. Il capitale e lavori preparatori; III.Epistolario; IV. Estratti, Appunti, Marginalia.Fu necessario operare alcuni tagli che fecero passare il numero iniziale dei volumi complessivi da pubblicare prima a133 volumi in 142 tomi, per arrivare poi al piano definitivo di 114 volumi in 122 tomi, ognuno con il suo tomo di apparatocritico (= 224 tomi).Le prime due sezioni, Opere e Il capitale e lavori preparatori, hanno subito mutamenti minimi, la sezione III, l’epistolario,rinunciando a materiali ed appendici documentarie, è prevista ora in 35 volumi anziché in 45 e comprenderà, oltre lecirca 5000 lettere di Marx ed Engels, anche le circa 10000 lettere di terzi indirizzate a Marx e a Engels; nella sezione IV.Estratti, Annotazioni, Marginalia, compaiono estratti e appunti di Marx e di Engels, non più però le note a margine e lesottolineature nella letteratura da loro studiata, insieme ai passi a cui quelle si riferivano.Il passaggio infine della pubblicazione della MEGA2 dall’editore Dietz, il cui societario principale è la PDS (Partito delsocialismo democratico), allo Akademie Verlag, ha segnato l’estrazione dell’“ultimo dente avvelenato dell’appartenenzadi partito” (cfr. Rauff 1998), adesso infatti “non venivano più pubblicati i classici del Marxismo-Leninismo, ma le opere didue grandi pensatori del XIX secolo” (p. 42).Sulla seconda sezione della MEGA2 intitolata Il capitale e i lavori preparatori è incentrato in particolare il saggiodell’economista Rolf Hecker (La seconda sezione della MEGA2. Verso il completamento). In questa sezione vengonopubblicate, tra l’altro, per la prima volta le migliaia di pagine manoscritte, accompagnate da un complicato apparato di varianti, che servirono prima a Marx e poi ad Engels e a Kautsky per ricavarne i “quattro libri” del Capitale che noi oggiconosciamo.Da una anche solo superficiale lettura di questi materiali risulta essere abbastanza chiaro che tutte e tre i libri delCapitale erano già stati messi per iscritto da Marx prima della pubblicazione del primo libro (1867). Avere a disposizionei manoscritti marxiani per il secondo e terzo libro de Il capitale permette anche di tornare a mettere in questione il lavororedazionale operato da Engels nella loro pubblicazione (cfr. Hecker 1998).Engels si sforzò infatti “di mettere insieme un’opera ‘finita’ dai testi marxiani” (p. 62), intervenendo a diversi livelli suimanoscritti che si rivelano essere indispensabili “per lo studio della genesi della teoria economica di Marx” (p. 51; cfr.l’introduzione dei curatori dei manoscritti marxiani utilizzati da Engels per la pubblicazione del terzo libro del Capitale:<http://www.iisg.nl/~imes/documents/mega_ii_14.pdf>).Hecker si sofferma inoltre anche sugli ultimi due volumi pubblicati nell’ambito della IV sezione MEGA2: si tratta delvolume IV/31, contenente gli estratti di fisiologia, mineralogia, geologia, chimica e fisica stesi da Marx ed Engels tra il1877 e il 1883 e il volume IV/32, contenente l’elenco dei volumi delle biblioteche personali di Marx ed Engels. Questivolumi “documentano il ‘furore’ di Marx nello studio ed il forte impegno di Engels con la letteratura di diversi ambitiscientifici” (p. 52). In particolare il volume IV/31 è una testimonianza dell’ampiezza degli interessi di Marx per le scienzenaturali e di come “dovette prendere confidenza col nuovo stato del sapere” (p. 53; l’indice e l’introduzione dei curatori èaccessibile on-line: <http://www.iisg.nl/~imes/documents/mega_iv_31.pdf>).Espressamente dedicato al Volume IV/32 è l’intervento dello storico americano Malcolm Sylvers (La biblioteca di Marxed Engels e lo studio della storia statunitense e italiana). Il volume, presentato quale Vorauspublikation (pubblicazioneanticipata) è costituito dall’indice annotato dei 1450 titoli in circa 2100 volumi, provenienti dalla biblioteca di Marx e diEngels che è stato possibile rintracciare in un lavoro di ricerca e di raccolta durato settantacinque anni ed è corredatoinoltre di un elenco di tutti gli autori dei testi contenuti e di un indice per categorie dei titoli. Il volume fornisce una chiaveimportante per vedere come Marx e Engels hanno lavorato e costituisce una possibilità in più per venire a conoscenza diquello che lessero e di se e come tali letture furono poi effettivamente utilizzate (una descrizione più dettagliata la si puòleggere nella Introduzione dei curatori: <http://www.iisg.nl/~imes/documents/mega_iv_32.pdf>).Nel suo secondo ampio contributo (MEGA2: dalla filologia all’interpretazione critica. Un resoconto sul dibattito tedescosulla teoria del valore negli anni ‘70-’80), Roberto Fineschi riprende, amplia e integra altri suoi studi precedenti dedicatialla ricostruzione dell’intenso dibattito accessosi negli anni ‘70-’80 soprattutto in Germania (ma anche in Italia) sullateoria marxiana della forma-valore, la Wertformanalyse, e sul rapporto Hegel/Marx (cfr. Fineschi 1999; 2001a; 2001b,pp. 236-259 e pp. 416-422).Per quanto riguarda la Germania occidentale Fineschi si sofferma in particolare sulla “lettura hegelianizzante” (p. 105)dei due maggiori esponenti della cosiddetta “scuola logicista”, Hans-Georg Backhaus e Helmut Reichelt, concordi nel“leggere la teoria marxiana del modo di produzione capitalistico come modello logico di una base della riproduzione materiale dell’umanità della natura” (p. 81) e nel concepire “il Capitale come modello concettuale costruito a priori,partendo dallo sviluppo di una forma elementare dialetticamente contraddittoria, che poi, nel proprio processo, giunge aporre la totalità del sistema” (p. 105).Il dibattito nella Germania orientale verteva invece in quegli anni primariamente sul rapporto fra Hegel e Marx inrelazione alla questione del metodo dialettico e quindi, più specificamente, sul rapporto astratto/concreto,ricerca/esposizione (Forschungsweise/Darstellungsweise), logico/storico. Al riguardo Fineschi prende in esame ediscute analiticamente e criticamente le posizioni di Witalij Vygodskij, Wolfgang Jahn, Dietrich Noske, Eckart Schwarz,Roland Nietzold, Günter Fabiunke, Rolf Hecker, Winfried Schwarz et alii.Entrambe le “scuole” in questione, pur partendo da diversi presupposti e perseguendo differenti finalità critiche, erano esono però concordi nel criticare duramente l’interpretazione fornita da Engels nella sue Considerazioni supplementaripremesse al terzo libro de Il capitale, della “circolazione semplice” [einfache Zirkulation] presente nel primo libro come diuna “produzione mercantile semplice” [einfache Warenproduktion] caratterizzante la produzione precapitalistica.Engels avrebbe così dato del modo di procedere dialettico di Marx “una interpretazione ‘storicistica’ che vedeva nellaconferma storica l’effettiva verifica della teoria dialettica” (cfr. ad esempio la recensione engelsiana a Per la criticadell’economia politica di Marx: <http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1859/criticaep/recensione.htm>), favorendocon il suo errore anche lo svilupparsi della “nefasta tesi della contraddizione fra il primo ed il terzo libro del Capitale” (p.83).Le decisive conclusioni a cui sono approdati questi lunghi dibattiti, suffragati e resi possibili dai manoscritti ineditipubblicati per la prima volta nella seconda sezione della MEGA2, sono invece che la “Produzione Mercantile Semplicenon esiste, né come fase storica della produzione umana associata precedente il capitalismo, né come antecedentelogico del modo di produzione capitalistico” (p. 103) e che il “vero rapporto fra ‘storico’ e ‘logico’” non può che essere ilseguente: “è la modellizzazione logica che rende possibile l’accesso alla storia”, è “la ricostruzione logica del modello aconsentire un accesso all’empiria; solo attraverso il modello si può comprendere che cosa significa storico” (p. 104).Il filo rosso che lega questi diversi contributi e che si trova anche alla base dello sforzo editoriale della MEGA2 è laconstatazione e convinzione che “Marx è un classico, patrimonio della filosofia e della scienza, e va reso disponibile allostudio e alla riflessione, dunque alla conoscenza critica del mondo presente. Per riconoscere questo, non c’è alcunbisogno di dichiararsi ‘marxisti’” (p. 11).

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