Tuesday 18 June 2024

Competenza imprenditoriale

Competenza imprenditoriale


L’Unione Europea, nel suo tentativo di diffondere l’ideologia “liberal” all’ “americana” (che ci si è decisi a importare quando è alla frutta anche nel suo paese di origine), ha formulato otto competenze chiave di cittadinanza. Il testo di riferimento che le cristallizza e definisce è la Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente (con il suo Allegato Quadro di riferimento europeo), approvata dal Parlamento Europeo il 22 maggio del 2018.
Ovviamente lo stesso concetto di competenza è molto controverso. Sarebbe la capacità di affrontare e risolvere una situazione sulla base di abilità pratiche guidate da conoscenze astratte, legate ad attitudini e atteggiamenti individuali. Le competenze base di cittadinanza sono «quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l'occupabilità, l'inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l'apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità»
L’Unione Europea ce ne raccomanda otto, ora recepite anche in ambito scolastico; gli studenti sono soggetti a essere valutati in base a queste otto voci in sede di scrutinio. Eccole:
1. competenza alfabetica funzionale;
2. competenza multilinguistica;
3. competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie;
4. competenza digitale;
5. competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare;
6. competenza sociale e civica in materia di cittadinanza;
7. competenza imprenditoriale;
8. competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
Chi avesse voglia di cimentarsi con la letteratura relativa potrebbe rapidamente stufarsi di fronte a un latinorum che spesso sfocia in un’astratta impalpabilità (ma qui probabilmente subentrano limiti soggettivi del lettore di fronte a un sapere sofisticato). Comunque sia, la competenza più difficile da valutare è spesso la 7, quella “imprenditoriale”.
Che cosa è?
“La competenza imprenditoriale si riferisce alla capacità di agire sulla base di idee e opportunità e di trasformarle in valori per gli altri. Si fonda sulla creatività, sul pensiero critico e sulla risoluzione di problemi, sull’iniziativa e sulla perseveranza, nonché sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario“.
Da questa evanescente definizione, se non ci fosse la chiosa finale, non si capirebbe perché si dovrebbe chiamare imprenditoriale; se le parole hanno un senso infatti, stando per es. alla definizione Treccani, un imprenditore è: “Chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata, di carattere industriale, agricolo o commerciale, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizî; in senso più ampio, chi, persona fisica o società, gestisce un’impresa.”
Invece qui si mischia l’idea di essere creativi, critici, con spirito di iniziativa in genere con l’essere un imprenditore. Si può avere l’idea che si vuole sulla figura dell’imprenditore, ma già si apre la strada a pensare ciascuno come imprenditore di se stesso, quindi il passaggio a concepirsi come “capitale umano” che si autovalorizza il passo è breve. Dunque, “tutti siamo imprenditori”, mentre imprenditore è il capitalista che avvia o gestisce un'impresa per fare profitto. Chi è impiegato nell’impresa invece è un salariato che lavora per l’imprenditore (non ha mezzi per “imprendere” lui stesso). Si può avere l’opinione che si preferisce su questo stato di cose, ma confondere le categorie maschera la realtà.
Tornando alla scuola, i poveri docenti hanno il problema di dover dare una valutazione delle competenze imprenditoriali già dal biennio. Ovviamente di “imprese” i ragazzi ne fanno molte, ma “economiche” in senso proprio non ne possono materialmente fare. Quindi, che cosa si valuta? L’amletico dubbio viene spesso sciolto nella direzione dello spirito di iniziativa, capacità pratica di risolvere i problemi, ecc.; tuttavia, anche in questo caso, spesso ci si trova a vaghe considerazioni perché mancano i contesti per valutazioni di questo tipo. Ho io un suggerimento.
A ben vedere c’è un competenza in cui un’ampia fetta di studenti mostra grande abilità operativa, atteggiamento spregiudicato e talvolta anche conoscenza: copiare alle verifiche (e non solo ovviamente, ma nella verifiche è più complesso).
Le strategie messe in campo mostrano uno spirito d’iniziativa non indifferente: tradizionali bigliettini, scrittura sul banco, doppio o triplo cellulare, smartwatch, quaderno sotto di “altra” materia, ecc., non farsi vedere (abilità). Anche le singole strategie sono differenziate (creatività): fotocopie miniaturizzate, collocazioni impensabili. scritture in codice, e via dicendo. Inoltre coraggio e faccia tosta di fronte al professore che passa tra i banchi o scruta dalla cattedra (atteggiamento).
Se come abilità e atteggiamento ci siamo, spesso manca però la conoscenza (come è difficile essere davvero competenti): molti studenti copiano pedissequamente talvolta gli stessi appunti forniti dal professore, oppure da internet pari pari la prima definizione che trovano, dove non di rado sintassi e terminologia mostrano immediatamente l’esistenza di una fonte altra.
Quindi, i nostri piccoli imprenditori in erba, pur già abili e ben atteggiati, devono lavorare sulla conoscenza al fine di maturare pienamente quelle competenze indispensabili per essere qualcuno nel mondo che li aspetta.

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