Saturday, 8 January 2022

The social dilemma


Rivedo ieri The social dilemma, il documentario di Netflix sui social, e ripenso a quanto studiato/scritto un annetto fa. Mi vengono alcune considerazioni a latere:

  1. Tutto questo meccanismo - la combinazione di psicologia comportamentista e tecnologia applicata ai device - nasce da subito con finalità manipolative. Gli ideatori ne hanno contezza e si nascondono dietro la foglia di fico della “persuasione”. Ma persuasione significa scelta consapevole e relative decisioni. Qui invece si vuole cambiare il comportamento saltando intenzionalmente questo passaggio. Dunque: manipolazione.

  2. Il potente meccanismo, per adesso prevalentemente finalizzato alla vendita di pubblicità per profitto, è gestito in larghissima parte da algoritmi, ovvero processi che sfuggono a supervisione umana in misura crescente. Siamo dunque nelle mani di computer a loro volta nelle mani di affamati capitalisti.

  3. Che la pubblicità sia manipolativa va da sé. Ma qui siamo a un altro livello: i device attuali lo rendono un sistema estremamente pervasivo. Chi ha dei figli post-adolescenti e adolescenti già vede la differenza tra le due generazioni nella dipendenza fisica da cellulare. E ovviamente molti sono gli adulti pure caduti nella “rete”.

  4. Come uscire dalla “scatola” (tutto il sistema è infatti un’enorme scatola di Skinner)? È veramente curioso che gli autori del documentario propongano come via di uscita la “spiegazione” del meccanismo. Teorici comportamentisti, sostenitori quindi dell’idea che la consapevolezza e la libera decisione degli individui contano poco o niente, fanno leva proprio su questo per uscire dalla scatola che loro stessi ci hanno costruito intorno. Cortocircuito…

  5. I social non sono il male assoluto; affrontando o anche risolvendo i problemi specifici che creano, le contraddizioni del modo di produzione capitalistico continuerebbero a operare. Anzi, le stesse modalità per cui i social sono nati ed esistono fanno parte a pieno diritto dello sviluppo delle sue contraddizioni. Nei rapporti di di forza variabili, tuttavia, oltre al dominio esiste sempre una componente di direzione. Il mantenimento di una cultura e di una pratica democratiche sono un argine contro le derive più retrive e destrorse e spostano l’ago della bilancia dei rapporti egemonici. Se il capitalismo crepuscolare ha abbandonato la difesa dei diritti individuali, può forse essere un elemento di rivendicazione e di unificazione democratica la loro affermazione (pur nella consapevolezza del carattere di fase e prospettico di questa lotta, quindi senza assolutizzare la "personalità" borghese come fine ultimo). Fare i borghesi progressisti è ora una lotta d'avanguardia?

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