Altro pezzo da una vita passata (dal remoto 2000!), dove facevo in parte i conti "con la mia precedente coscienza filosofica" :D :D
Toni un po' sopra le righe dovuti al giovanile ardore iconoclastico e visione decisamente parziale sul fenomeno nella sua complessità (di fatto si attaccano le gerarchie vaticane più tradizionaliste, non la chiesa come tale. Erano i tempi di Woytila, Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede, ecc.); tuttavia contro i facili giovanili entusiasmi correntemente spiattellati in televisione ancora qualcosa di utile c'è.
C'è da aggiungere che la Chiesa Cattolica è una delle poche istituzioni superstiti che si occupa in maniera organica e strutturata delle domande sul senso dell'esistenza in un contesto in cui l'individualismo esasperato tende a distruggere qualsiasi tipo di legame provocando non pochi problemi di identità personale a giovani e meno giovani.
IL PICCOLO TEOLOGO
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Roberto Fineschi
da "La contraddizione" n. 80, sett.-ott. 2000.
Neppure i cronisti del tg nazionale nascondono che molti dei partecipanti alla gmg – giornata mondiale dei giovani o giubileo dei giovani che dir si voglia – sappiano poco o niente del magistero della chiesa cattolica, di teologia e via dicendo, eppure sono centinaia di migliaia.
Sarebbe interessante fare un po’ di sociologia e classificare chi è effettivamente figlio di papa, chi è timorato di dio, chi è un povero disgraziato che è là perché ci vanno gli amici o per sentirsi parte di qualcosa, chi, in buona fede, partecipa perché crede di “fare del bene” [chi è figlio di papa e va in chiesa perché deve crescere con sani princìpi è probabilmente irrecuperabile e quindi lo lasciamo da parte; occupiamoci solo dei giovani in “buona fede”].
Molti giovani di buone intenzioni fanno parte di gruppi parrocchiali perché così contribuiscono al bene del prossimo, fanno qualcosa per gli altri, ecc. Spesso fanno veramente del bene, organizzando aiuti per barboni, immigrati, prostitute, emarginati di ogni sorta, dedicando il proprio tempo agli altri. Sarebbe un grave errore fare di tutta l’erba un fascio ed additarli genericamente come “cattolici”. Spesso d’altronde la parrocchia è uno dei pochi centri di aggregazione in cui ci si può incontrare senza passare attraverso la selezione naturale – cosa che invece avviene nel “branco” della strada, dove vige solo la legge del più forte.
Che cosa sanno questi giovani volenterosi della chiesa cattolica? Spesso molto poco. Al catechismo apprendono delle belle favole – non lo dico con ironia, è questo il modo in cui vengono di fatto presentate – sulla creazione, sulla vita di Gesù e della Madonna e via dicendo. Sanno sicuramente che il comandamento principale è l’amore (molti di loro parlano di amore, con la A maiuscola) e questo quasi sempre basta. In fondo quando ci si ama, come dio ci ha insegnato, si crea il paradiso in terra. Il tasto dell’amore è quello non a caso più battuto dalle campagne televisive pro Vaticano, nelle quali il santo padre invita i fedeli a superare i rancori, le divisioni, le guerre e ad … amarsi fraternamente.
A molti di coloro – non solo giovani del resto – che in buona fede frequentano la chiesa, l’idea intuitiva dell’amore universale basta; è la legge scritta da dio nel cuore di ognuno che farà da guida, anche senza conoscere la teologia. La questione cruciale allora è capire in che cosa consista la legge del cuore sulla quale si basa la condotta di molti praticanti-poco-teologi.
La “legge del cuore” è di per sé una metafora, in quanto sembra che l’organo in questione sia nient’altro che una meravigliosa pompa. A che cosa allude però? All’idea che “in fondo” ciascuno “sente” dentro di sé di fare del bene o del male e che quindi per comportarsi correttamente basta seguire il bene.
Amore, bene, male sono le “parole” con cui si gioca la partita, ma sono dei concetti? Che cosa significano? Se non le si definisce adeguatamente non sono altro che flatus vocis, astrazioni a cui ciascuno dà poi la concretezza che crede. Se si chiede ad un prete che cosa significa amare lui vi risponde spesso che è la cosa più difficile da definire e quindi vi spara un pistolotto sui buoni sentimenti e vi fa qualche esempio di devozione, così, di fatto, non risponde. Ma non perché la chiesa cattolica non abbia delle risposte meditate sull’argomento, bensì perché la teologia deve essere per pochi (la questione delle due religioni, quella popolare e quella del clero è dibattuta, ma è un dato di fatto che esse esistano).
Molti teologi hanno delle risposte alla domanda che cosa significa amore (non esempi casuali o la legge del cuore, ma una dottrina sviluppata e piuttosto complessa che per essere compresa necessita di anni di studio), ma non le vanno a raccontare in giro, né organizzano delle scuole per divulgarle.
Ma i nostri giovani spontanei che si accontentano invece della legge del cuore in realtà in che cosa credono? Loro certo non lo sanno, ma partecipando ciascuno in una certa misura alla pratica della chiesa cattolica, essi, in buona fede, realizzano qualcosa di cui sono completamente all’oscuro, che quindi li domina e li gestisce. Ma realizzano comunque “qualcosa” che ha un contenuto ben definito, che la gerarchia ecclesiastica conosce e loro no e che si lascia credere sia scritto nel cuore, cosicché non c’è bisogno di capire che cosa si stia facendo.
La parola “amore”, infatti, è solo un suono; con l’aggiunta del “sentimento del bene” non le si dà un significato. Chi “ama” in questo modo che cosa fa? Fortunatamente la “sana e consapevole libidine salva il giovane dallo sport e dall’azione cattolica”, ma in che misura?
Facciamo un esempio: molti dei partecipanti hanno probabilmente rapporti prematrimoniali (e qui gioca la sana e consapevole libidine) e di fatto non credono nel sacramento del matrimonio (non è escluso che molti approfittino direttamente del santo convegno per conoscersi biblicamente), ma d’altra parte partecipano e si dichiarano cattolici. La chiesa cattolica questo lo sa benissimo, come testimoniano addirittura le interviste a preti partecipanti alla gmg, in cui si dichiara che molti giovani hanno una fede piuttosto “intuitiva”. Per chi ha intenzioni precise la sana e consapevole libidine si trasforma quindi in un mezzo utile per raggiungere altri fini.
La gerarchia sa benissimo che molti non sanno che cosa fanno e ciononostante non diffonde la conoscenza di che cosa bisognerebbe fare per correggere la condotta sbagliata. Certo ci sono le prediche domenicali, ma non si spiega la dottrina, si fanno dei pistolotti. Perché la chiesa accetta che ci si dica cattolici anche se non si sa che cosa significa e se in gran parte delle azioni non lo si è affatto? Evidentemente perché basta che ci si attenga a determinate regole che sono più fondamentali delle altre; esse debbono essere rispettate, le altre sono un di più per i santi.
Che cosa interessa veramente alla chiesa cattolica? Qual è la visione del mondo che essa propaganda? Più semplicemente: quando si deve votare, scegliere da che parte stare nel “mondo” che cosa significa “amore”? Può essere utile cercare di ricostruire i fondamenti della dottrina sociale della chiesa [cfr. la Contraddizione, no.77 – Pio, pio. pio. Ora rivisto in
Da Pio IX a Leone XIV. Prospettive marxiste sulla dottrina sociale della chiesa] che si possono sommariamente riassumere come segue: esiste per volontà di dio una gerarchia naturale/sociale nella quale ciascun singolo, sempre per volontà di dio, ha il suo posto. Quindi la divisione in classi, ricchezza e povertà e via dicendo sono condizione naturale della vita sociale e cercare di combatterle significa lottare contro la natura stessa delle cose. D’altra parte tutti sono figli di dio e quindi fa parte del disegno complessivo aiutare i fratelli disagiati; ecco la base della pratica caritatevole della chiesa. [si noti, en passant, che il principio per cui bisogna fare la carità implica la necessità che ci sia qualcuno a cui farla].
Che cosa significa allora “amore” quando si deve decidere come organizzare la vita sociale: cercare di applicare questo programma in cui l’ineguaglianza sociale (basata sull’ineguaglianza naturale) è legge. Si confrontino i seguenti passi della Quod apostolici muneris di Leone XIII; essi riassumono brevemente quanto detto: “la società umana, quale Dio l’ha stabilita, è composta di elementi ineguali, come ineguali sono i membri del corpo umano: renderli tutti uguali è impossibile, e ne verrebbe la distruzione della medesima società … La eguaglianza dei vari membri sociali è solo in ciò che tutti gli uomini traggono origine da Dio creatore; sono stati redenti da Gesù Cristo, e devono alla norma esatta dei loro meriti e demeriti essere da Dio giudicati, e premiati e puniti … Di qui viene che, nella umana società, è secondo la ordinazione di Dio che vi siano prìncipi e sudditi, padroni e proletari, ricchi e poveri, dotti e ignoranti, nobili e plebei, i quali, uniti tutti in vincolo di amore, si aiutino a vicenda a conseguire il loro ultimo fine di cielo; e, qui in terra, il loro benessere materiale e morale”.
Se questo fa rabbrividire, lo si confronti con le formulazioni del catechismo odierno [la Contraddizione, no.77, cit.]; si vedrà che si è solo data una ripulitina agli espliciti accenti classisti, per rendere il tutto più digeribile agli ignari. Per chi vuole veramente stordirsi si può leggere il libro, recentemente ripubblicato, di Ernesto Rossi, Il sillabo e dopo, Kaos, Milano 2000, dove si ripropongono sia Il sillabo sia passi da molte encicliche, tutti dal significato univoco. Basta leggere le parole dei papi!
Una coscienza moderna che ha, bene o male, digerito le conquiste della rivoluzione francese (non perché le ha studiate, ma perché le ha praticate nella vita quotidiana come diritti civili e via dicendo) non può che rabbrividire di fronte alla riproposizione del medioevo contro la democrazia ed il libero pensiero. Come diffondere allora la barbarie? Chiamandola “amore”. Ma che cosa si vende effettivamente? La società classista.
Fra chi partecipa c’è chi sa bene come funziona questa cosa, ovvero che la chiesa cattolica sta dalla sua parte; egli, quindi, ben volentieri plaude a iniziative che fanno il proprio interesse; ma c’è chi partecipa e non ha nulla da guadagnarci, chi viene ingannato e si fa, in buona fede, promotore di un “amore” che coincide con società classista, con la propria sudditanza. In una battuta: abbiano pure molte fidanzate, bestemmino pure, non vadano alla messa, ma, per l’amor di dio, non votino comunista.
È certo una battuta, ma trova dura concretezza in numerosi atti “politici” della chiesa. Quando si è esposta in prima linea in tempi recenti? Contro la rivoluzione francese, contro il processo di unificazione nazionale, contro il comunismo, ecc. Ossia contro tutti i movimenti che hanno cercato di cambiare la situazione sociale data. La chiesa ha ridotto il suo campo d’azione alla conservazione del dato; questo è stato ed in fondo è l’obiettivo della sua azione politica negli ultimi duecento anni (si pensi, per fermarsi all’attualità, anche agli interventi “pieni d’amore” in favore di Pinochet: si è detto che è una “questione umanitaria” non accanirsi contro un povero vecchio – si sarà messo a ridere lo stesso Pinochet, sbavando sangue).
Il sesso, che in fondo molti papi non hanno visto di mal’occhio e del quale si parla molto, è quindi una questione secondaria: “cari giovani, voi dovete cambiare il mondo, dovete amare, aiutare i poveri, le vittime della guerra, gli emarginati”, ecc. Ma la condizione di questo amore è che i poveri, le vittime di guerra, gli emarginati esistano. È come dire: cari giovani il mondo deve cambiare alla superficie, ma la sostanza “guardatela con occhi diversi”.
“I cristiani guardino il mondo con occhi diversi” ha detto l’arcivescovo della mia città. Ma se il mondo è il regno dell’ingiustizia: basta guardarlo! “I diversi filosofi hanno finora diversamente interpretato il mondo. Adesso si tratta di cambiarlo”. Qui sta la differenza fra i comunisti e i cattolici: aiutare chi sta peggio è un principio della conservazione del mondo dato; i comunisti vogliono costruire un mondo in cui poveri, vittime di guerra, emarginati non esistano; un mondo in cui la carità non ci sia, perché non ce n’è bisogno.
La lotta di classe si manifesta come lotta di egemonie, diceva Gramsci nei Quaderni del carcere; la chiesa, portando acqua alla conservazione di ciò che è dato, è stata prima amica dell’ancien régime e adesso del capitale. Essa è perfettamente funzionale al modo di produzione capitalistico, diffondendo una concezione del mondo in cui la gerarchia sociale appartiene all’ordine di natura. Essa serve a convincere chi appartiene alla classe dei lavoratori che è nella natura delle cose che sia così.
Fra chi partecipa alla gmg ci sarà qualcuno con degli scrupoli, che dietro a tanto entusiasmo cerchi un po’ di sostanza?! Beh, se qualcuno di loro per sbaglio leggesse queste righe non chiedo certo che si fidi delle parole di un comunista mangiapreti: faccia pure da sé, indaghi che cosa c’è dietro al tanto decantato “amore”, giochi un po’ al “piccolo teologo”.