Violenza e universalismo
Il massacro è in corso, in diretta da mesi. Non è il primo e non sarà, purtroppo, l’ultimo. Recentemente ce ne sono stati altri, compiuti anche dai soliti noti, dalle forze del bene e del diritto.
Non solo recentemente: i difensori del diritto hanno fondato i propri paesi sul genocidio in diverse parti del mondo, hanno trafficato in esseri umani facendo guerre per ottenere il monopolio di quei traffici, hanno messo in musei i “selvaggi” in casa propria alla pari degli altri animali dello zoo.
Chi è che non lo sa? Qual è la differenza? Perché questo caso ci indigna di più? Forse perché è indiretta streaming e non si può far finta di non sapere, di non vedere? Ma è davvero possibile fingere di non conoscere la sanguinaria storia di dominio e distruzione su cui è basata la nostra presunta civiltà? La verità è che a molti, moltissimi, questa cosa non desta alcun problema. Che finché non riguarda “noi” si può guardare questo scempio come un film in televisione. Un film triste ma che dalla televisione non esce. E se il “nostro” benessere non viene toccato… pazienza, con tristezza, ma pazienza.
La verità è che l’essere umano come concetto universale, come valore da difendere ovunque non è un dato, non è innato, ma il risultato di un processo di civilizzazione che si può interrompere, o addirittura far arretrare. E questo processo evolutivo non è solo individuale, non avviene solo nelle coscienze dei singoli, ma all’interno di una dinamica sociale che ha delle strutture e delle regole. Il riconoscimento formale dei diritti universali la borghesia capitalistica, per una fase e in determinate zone del mondo, lo ha promosso. Lo sviluppo capitalistico è però rapidamente e strutturalmente arrivato allo stadio in cui non riesce a espanderlo ulteriormente, anzi in cui è di nuovo preferibile ridurne la portata a élite selezionate. Queste élite hanno bisogno di un entourage più o meno largo. Le masse subalterne all’interno del mondo occidentale sono al bivio tra schierarsi per cambiare le regole del gioco oppure sacrificare il fratello più debole per entrare a far parte di quell’entourage. Il fascismo (diretto o mascherato) è la seconda scelta, è la speranza di essere ammessi, anche se sul gradino più basso, in quel circolo ristretto. Per gli altri, può dispiacere (e a qualcuno nemmeno dispiace).
C’è tuttavia anche chi quell’universalismo lo vuole rendere davvero tale, contro coloro che lo vogliono negare del tutto o affermare solo formalmente. Un universalismo reale deve trovare delle vie di uscita dal capitalismo e dai suoi meccanismi perversi che fanno di guerra, dominio e distruzione l’esito sempre più probabile delle perverse dinamiche di valorizzazione e dominio. Finché qualcuno così continuerà a esistere e lottare, la luce della speranza non è spenta. Tempi migliori verranno.
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